Tre giorni per una mostra di fotografie non sono poi molti e visitando The Cure – Exhibition di Richard Bellia, in programma al The Student Hotel fino a lunedì, non è non è soltanto questo, sarebbe troppo riduttivo. Non è tantomeno un accessorio che faccia pendant con il concerto della band britannica di domenica sera al Visarno Arena.
È, prima di tutto, un uomo e il suo lavoro, un artigiano che mostra la propria bottega e ha una missione, la bellezza. Autentisco, entusiasta. A Firenze dopo 22 anni, alla sua prima mostra qui vuole “portare un po’ di bellezza in più, contribuendo così alla bellezza di cui già la città gode in abbondanza”.
“Non puoi vivere a Firenze senza credere a Dio”. Al mio perché risponde “Così tanta bellezza non può essere frutto solo di mani umane”. Sono onorato, “Detesto i turisti che vengono solo per farsi dei selfie, che prendono cosa vogliono senza capire nemmeno perché, senza lasciare nulla in cambio”. Un atteggiamento encomiabile.
E del consumo usa e getta che si fa persino con le immagini digitali che pensa?
“Sai cosa significa pixel? Significa picture element. La fotografia è un’altra cosa. Tu compreresti qualcosa dove sopra c’è scritto burro senza che lo sia? Non confondiamo le immagini con la fotografia, che è la più fine e la più precisa delle arti”.
Provocazione: viviamo nell’epoca delle immagini e in fondo anche lui, forse senza volerlo, ha contribuito a tutto questo: “sai come promuovo le mie foto e le mie mostre? In nessun modo. Sai chi ha pubblicato il mio libro di fotografie? Me stesso e l’associazione con la quale collaboro. Sai quando ti chiamerò per dirti vieni alla mia mostra? Mai. Le fotografie riescono a dirti qualcosa che un’immagine digitale non dirà mai. Ti racconta una storia, non solo il soggetto”.
Come visitare la mostra?
“Soffermarsi su ogni foto, poi cercarmi e venirmi a chiedere quando l’ho fatta e come è fatta, cosa facevo lì quel giorno, com’è andato lo sviluppo, ecc., perché è così che si vede una mostra di fotografia”.
Mi incuriosisco e aggiungo che gli anni ’80 oggi sono solo l’ennesimo artificio pop. “Forse è così, ma non tutta la roba che c’era in quel periodo era buona, anzi. Se aprissi adesso il rubinetto degli anni 80 uscirebbe acqua per di più sporca a parte i nomi noti”. Pensa però di aver vissuto nel posto giusto al momento giusto: “Londra negli anni 80 era esattamente il posto dove volevo vivere, anche se abitavo in uno squat, sarà perché avevo 18 anni, sarà perché il primo artista che ho ritratto è stato Robert Smith e mi ha detto che dopo quarant’anni ci saremmo incontrati di nuovo e avremmo entrambi lo stesso lavoro, beh è stato così”.
Mi fa leggere poi la mail di Robert Smith in cui lo inseriva nella vip list per gli accrediti. Le foto, nota personale, sono veramente belle e sì, sono un’altra cosa.