Abbiamo tutti visto film e letto storie dove le differenze tra Nord e Sud Italia vengono esaltate, portate allo stremo e ricondotte ad una morale che ci insegna a capire qualcosa in più su noi stessi, sugli altri, sulla bellezza della diversità.

A Firenze, nella casa dove viviamo io (Nord) e le mie tre coinquiline (Sud) non è così.

Noi non siamo interessate né alla morale, né alle conclusioni proficue.

I nostri sono scontri dove non si fanno prigionieri, non si conquista e nemmeno si perde territorio, le nostre sono storie a fondo cieco e tutte le discussioni finiscono puntualmente con un ritornello che dice: “Niente ha senso, che vita di merda”.

 “Comunque, i vicini di casa di mia nonna mi hanno regalato 100 euro per la laurea” dice Alessia con aria malinconica, delusa dalle ultime lenticchie rimaste in fondo al piatto.

“Cioè scusa, cosa vuol dire?”

“Eh, sì” riprende Martina “da noi usa così, quando ti laurei fai le bomboniere e le regali. In cambio gli altri ti fanno un regalo a loro volta”.

“In che senso? Cosa vuol dire che i vicini ti regalano 100 euro?”

“Comunque, il Nord è un luogo orribile” esordisce Sara, che doveva ancora finire le lenticchie e aveva aspettato un po’ per prendere parola. “Cioè voi non regalate nulla?”

“Mmm… Regaliamo da bere dopo la proclamazione?”

Tutte e tre iniziano a fissarmi, aspettano un’altra risposta.

“… La festa?”

Il loro sguardo si fa cupo, l’espressione del viso torva.

“… L’amore?”

“Che tristezza” taglia corto Alessia e senza aggiungere altro inizia a sparecchiare.

“Sì, ma cosa ci fate con le bomboniere, dico, sono belline, a me i confetti sono sempre piaciu…”

“Nessuno mangia i confetti!” Sara mi interrompe.

È offesa dalla mia maleducazione, dalla mia ingenua sfrontataggine.

“Dobbiamo proprio insegnarti tutto…”

“I confetti sono un lascito della tua esistenza”.

Martina sottolinea queste parole in modo particolarmente evocativo, un po’ mi fa paura, probabilmente è ancora influenzata dai capitoli su Ugo Foscolo che ha finito di ripetere poco prima.

“Ma sono buoni…”

“Mangeresti la tua memoria?” domanda ancora Martina, che non voleva credere alla mia mancanza di tatto.

“Credo che mangerei tutto, in generale. Mi passi un pasticcino al pistacchio?”

Martina mi allunga il dolce, lo scarto e gli do un morso.

“Buono! Comunque, cos’è questa storia dei confetti e la memoria?”

“Ora te lo spiego io”.

Sara si strofina le mani: “Quando ti cresimi, ti laurei e ti sposi, regali le bomboniere agli altri, ovvero ai tuoi parenti e ai tuoi conoscenti. Lo stesso fanno gli altri con te e il punto sta che nella teca, una teca di casa tua, quei mobili con i vetri, insomma hai capito, conservi tutte queste bomboniere, le dividi per nome, e pian piano queste crescono in base ai traguardi raggiunti nella vita fino ad arrivare all’ultima, quella che non ha i confetti e non è nemmeno una vera e propria bomboniera, ma si mette in mezzo a loro lo stesso: la targhetta del morto”.

“Quindi dal matrimonio passi subito alla morte? Non fa una piega”.

“Comunque io e mio babbo le abbiamo buttate via tutte” svela ad un tratto Alessia, suscitando stupore nelle sue alleate: “facevano polvere ed erano inquietanti, vi dirò di più: prima di buttarle abbiamo anche mangiato tutti i confetti”.

“Mangia memorie!” esclama Martina, evidentemente pronta per andare a ripetere gli altri capitoli.

“E poi con la teca cosa ci avete fatto?”

“L’abbiamo riempita di bicchieri, 5 tipi diversi di vodka e uno shaker. Dopo aver finito di pulire tutto abbiamo fatto un drink e ci siamo guardati un cartone animato perché niente ha senso, la vita è una merda e va presa con umorismo, come diceva Pirandello. Qualcuno vuole un altro bicchiere di vino?”