Se li avete visti ve li ricordate, perché girano con un carretto a pedali che trasporta la batteria. Sono i Blueswoods, le “radici blues” degli alberi del Giardino dell’Orticoltura, dove li ho sentiti per la prima volta e dove li immagino ogni volta che mi tornano in mente, come in un habitat naturale. Ma li trovate anche in piazza della Repubblica, o comunque per strada, perché queste sono effettivamente le radici del blues.
Davanti ai Blueswoods si ferma sempre un crocicchio di persone; i più piccoli attirati dal Pinocchio che danza guidato dai movimenti del charlestondi Ugo, una canna di bambù come burattinaio. I più grandi dal suono caldo e coinvolgente della voce di Francesco, con inconfondibili coppola e pizzetto.
Ci sono sempre anche tanti turisti, attirati insieme dal sound internazionale della loro musica e dall’ingegno italico che li ha portati a smontare, ri-assemblare e saldare un vecchio risciò, creando così un mezzo in grado di trasportare la batteria dappertutto.
Perché è dappertutto che suonano i Blueswoods, guidati, come da una mappa del tesoro, dai bandi del Comune per gli artisti di strada. Orari, piazze, scalette variabili: spirito di adattamento sì, ma senza mai dimenticarsi della cura per il suono (“momenti di autentica tensione quando non si trovava il microfono per la cassa!”), inconfondibile a prescindere dalle diverse formazioni in cui vi si possono presentare.
In formato standard: Ugo, Francesco, Maurizio alla chitarra e Leonardo al basso, accompagnati dall’armonica di Enrico; ma anche con ospiti d’eccezione come l’ukulele di Luca o il sassofono di Alessandro. Infinite le “stazioni” del loro percorso cittadino, così come le tappe musicali tra gli standard blues e il mondo del reggae: i Blueswoods si collocano nel novero degli interpreti di un repertorio ricco di spunti per la rilettura personale, testimoniata da una produzione originale che ha trovato spazio anche su Controradio. Musica per chi è “in balia delle onde”, antidoto ai “falsi miti a colori”. Musica per chi pensa “che nel grigio possa stare il vero”.