Chi lo dice che “da grandi” si debba scegliere di fare o essere solo una cosa? Questo piccolo seppur grande dubbio esistenziale è stato sciolto dal mio incontro con Sylvie Bovary. Una bionda dal viso angelico su un corpo che, senza il suo scudo fatto d’inchiostro che la ricopre dalle tempie alle caviglie, si sentirebbe nuda e in imbarazzo.
Ma come definire un’osservatrice in movimento che cerca costantemente di arricchire il suo bagaglio culturale? Sylvie è una ragazza dal nome d’arte alla francese, una sognatrice che sperimenta soprattutto su di sé.
Tatuatrice di giorno (nonché fondatrice di Holy Ink Tattoo Studio, che è il suo santuario dell’inchiostro) e performer di burlesque di notte: Sylvie è un’artista a trecentosessanta gradi che nel corso del tempo è riuscita a coniugare varie passioni.
Come quella per la moda, ha infatti un passato come illustratrice e designer: “Mi sono sempre
sporcata le mani d’ inchiostro, solo che prima usciva dai pantoni e finiva sulla carta e adesso esce da una macchinetta e finisce sotto la pelle”. E l’amore per il palcoscenico. Sylvie sprigiona colori soprattutto durante le sue performance, essendo anche direttrice artistica del “Queerlesque”.
Trovo che sia la dimostrazione tangibile della poliedricità. Io non ho ancora deciso cosa fare da grande, ma intanto inizio a scrivere la mia letterina a Babbo Natale lasciandomi ispirare da lei.