Si è svolto sabato 15 ottobre 2016 il grand opening del nuovo Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, dopo il completamento dell’avveniristico ampliamento a forma di navicella spaziale dell’architetto Maurice Nio e la riqualificazione dell’edificio originario di Italo Gamberini.

Sorto negli anni Ottanta per volontà del Cavaliere del lavoro Enrico Pecci e donato alla città di Prato in memoria di suo figlio Luigi, scomparso prematuramente, è stato fondato come Associazione culturale grazie all’apporto di vari soci, tra i quali il Comune di Prato, l’Unione industriale pratese e la Cassa di Risparmio di Prato insieme a numerose ditte private e singoli cittadini.

La prima sede museale, realizzata come detto su progetto dell’architetto fiorentino Italo Gamberini, ed inaugurata il 25 giugno 1988, comprendeva lo spazio espositivo del museo, dall’inizio dedicato a mostre panoramiche di taglio geografico o tematico a indagini su diversi linguaggi e media contemporanei, oltre a proposte di singoli protagonisti del panorama artistico nazionale e internazionale.

La collezione del Centro Pecci include oltre mille opere, in prevalenza sculture, installazioni e ambienti, dipinti, fotografie e opere video, realizzati dagli anni Cinquanta a oggi e acquisiti per lo più in seguito alle mostre. Di particolare rilievo risultano i lavori di esponenti dell’Arte Povera e della Transavanguardia italiana e internazionale, così come di artisti dell’ex URSS.

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La raccolta comprende inoltre un vasto nucleo di opere e progetti di Poesia Concreta, Poesia Visiva, sezioni dedicate all’Architettura Radicale, al Cinema d’artista in Toscana dal 1964 al 1980, al libro d’artista. Nel 2006 è stato ideato un progetto di rilancio del Centro Pecci che ha determinato l’ampliamento della sede museale commissionato dalla famiglia Pecci a Maurice Nio, figura tra le più interessanti dell’innovativa scena architettonica olandese, una sfida culturale accolta con favore dal Comune di Prato insieme alla Regione Toscana. I lavori, iniziati nel 2010, sono appunto terminati il 16 ottobre 2016 con la riapertura al pubblico.

Il Centro Pecci si appresta a diventare un punto di riferimento internazionale per la sperimentazione dei molteplici linguaggi artistici contemporanei. La sua mission, infatti, è quella di indagare tutte le discipline della cultura contemporanea, toccando anche cinema, musica, perfoming arts, architettura, design, moda e letteratura, cercando al contempo di avvicinare il più possibile l’arte alla società.

A questo scopo il nuovo Centro, oltre a spazi espositivi più che raddoppiati, ha a disposizione anche l’archivio e la biblioteca specializzata, che conta un patrimonio di oltre 50.000 volumi, il teatro all’aperto, un cinema/auditorium, uno spazio performativo all’interno delle gallerie, un bookshop, un ristorante, un bar/bistrot.

Un luogo non solo espositivo ma il più versatile e trasformabile possibile, basato sulla sperimentazione e la ricerca, puntando a una relazione dinamica con il suo pubblico e divenendo un luogo particolarmente attivo con il prolungamento dell’apertura alla sera, quando alle mostre si affiancano performance, concerti e proiezioni, ma anche conferenze, laboratori e corsi per adulti. Importante in questo senso, prima tra le istituzioni pubbliche italiane, la creazione di un dipartimento di ricerca teso a costruire le basi teoriche delle varie iniziative e a sviluppare in modo ampio le attività
educative.

immagini-quotidiano-netNell’occasione della riapertura del Centro Pecci, al quale la Regione Toscana ha attribuito il compito di coordinamento e fulcro regionale dell’arte contemporanea, una serie di eventi e mostre collaterali saranno presenti nella città di Prato e sul territorio, coinvolgendo Firenze, Pisa, Vinci.

La mostra La fine del mondo-Prologo porta opere della Collezione Pecci in prestigiose istituzioni culturali toscane mentre Contemporary Tuscany traccia, per la prima volta, un percorso di arte urbana nell’area pratese. E ancora: La Torre di Babele, iniziativa dei galleristi toscani in uno spettacolare edificio di archeologia industriale; TU35 / 2016 dedicata ai giovani artisti toscani emergenti; Icastic for Pecci nella Camera di Commercio della città e, al Fabbricone, i progetti del recente concorso per il Parco Centrale di Prato, che ha visto la partecipazione dei migliori architetti e paesaggisti internazionali.

La fine del mondo costituisce il clou delle celebrazioni. Il titolo “nasce dalla considerazione che ciò che abbiamo conosciuto finora è obsoleto” come sottolinea Fabio Cavallucci, Direttore del Centro Pecci. La fine del mondo non vuol essere dunque la rappresentazione di un futuro catastrofico imminente, ma insieme presa di coscienza della condizione di incertezza in cui versa il nostro mondo e riflessione sugli scenari che ci circondano. I mezzi, anche concettuali, d’interpretazione della realtà che noi abbiamo conosciuto non sono più in grado di comprendere il tempo presente. Di qui, da questo cambiamento strutturale, nasce un senso diffuso di fine. Attraverso le opere di oltre 50 artiste e artisti internazionali e con un allestimento che si estende sull’intera superficie espositiva del museo di oltre 3000 metri quadrati, la mostra si configura come una specie di esercizio della distanza, che spinge a vedere il nostro presente da lontano.

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Il pubblico entra nella nuova ala realizzata da Maurice Nio – sorta di navicella spaziale atterrata da chissà quale pianeta e pronta con la sua antenna a emettere onde o a ricevere messaggi “cosmici” – e si trova di fronte a un’installazione dell’artista svizzero Thomas Hirschhorn: un break through, uno sfondamento da cui cadono i cascami di un’altra dimensione. Una volta all’interno sperimenta la sensazione di vedersi proiettato a qualche migliaio di anni luce di distanza da noi, rivedendo il nostro mondo come un reperto fossile, lontano ere geologiche dal tempo presente, spinto a pensare alle incommensurabili distanze cosmiche e ai lunghissimi tempi della storia della Terra e dell’Universo, di fronte ai quali le nostre esistenze sono solo frammenti inconsistenti.

Quel mondo che abbiamo conosciuto dall’origine dell’umanità a oggi, il nostro mondo, ci apparirà dunque già finito, e la sensazione sarà quella di essere sospesi in un limbo tra un passato ormai lontanissimo e un futuro ancora distante. La fine del mondo si colloca all’interno di questo limbo e attraverso lavori di natura diversa, spesso da attraversare, da esperire fisicamente, in una scansione di spazi e di suoni che si succedono, ci trascinerà in un movimento continuo, ineluttabile, una specie di loop, di eterno ritorno che ritmicamente ci allontana e ci riavvicina al presente, proponendoci nuove chiavi di lettura.

 

Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci
Viale della Repubblica 277 – Prato
http://www.centropecci.it

 

di Teresa Orfanello