Si può essere mainstream e di nicchia allo stesso tempo? Si deve essere malinconici nella vita o solo quando si scrivono canzoni? Dubbi, incertezze e tentennamenti causati da Calcutta, in tour per presentare il suo album, uscito con Bomba Dischi a Novembre 2015.
Questo ventiseienne di Latina – che ha fatto il tutto esaurito nella data del 22 febbraio scorso al Tender di Firenze – ritorna con una replica speciale anti-malcontento il 3 di marzo, questa volta all’Auditorium Flog.
Edoardo D’Erme, in arte Calcutta. “Ma Calcutta chi? Quel Cantante indiano? Ma è Calcutta o i Calcutta?” Da dove proviene il tuo “nome d’arte”?
Calcutta come nome, nasce un po’ a caso. Un po’ per pigrizia, un po’ perché un altro nome sarebbe stato sin troppo incisivo per descrivere la mia musica. In ogni caso l’idea del nome proviene dal batterista che all’epoca suonava con me: una sorta di scherzo. Poi mi piacque e non lo cambiai. Mi piace l’ambiguità di questa denominazione. Un po’ come Bright Eyes, non sai mai come chiamarli se “Bright eyes” o “i Bright eyes”.
La prima volta che ti ascoltai, cantavi chitarra e voce “La canzone del pane”, cover dei Camillas. Ricordo che dedicai questa canzone ad un ragazzo che prontamente mi disse che non era il suo genere: non apprezzò minimamente. La seconda volta, un altro uomo non colse il riferimento. C’è un grave problema di fondo: colpa mia nella scelta degli uomini o colpa della tua interpretazione?
Saranno entrambi rimasti scottati dai pixel giganti del video che gli hai fatto vedere, con il sole che sparava dritto sulla mia faccia.
Sei l’artista italiano più chiacchierato del momento, complice anche il successo di The Pills dove sei presente nella colonna sonora anche insieme ai Cani. Raccontaci com’è trovarsi nel posto giusto al momento giusto; uscire dalla provincia e inciampare in una nazione intera, in sostanza. Come è iniziato tutto?
Se lo dici tu che sono il più chiacchierato mi fido. Io, in realtà, metto la testa sotto la sabbia come gli struzzi e non ci penso. È iniziato, per risponderti, con la voglia di scrivere canzoni in italiano insieme ad alcuni amici, e lì improvvisavo alla grande. Si facevano concerti con persone a caso: una “roba” abbastanza storta e casuale. Sono finito poi a registrare i pezzi, quasi costretto da amici. Erano cose chitarra e voce, o solo voce. Una cosa molto di nicchia, performativa. Poi feci ascoltare dei pezzi a Bomba Dischi e…
Hai usato Whatsapp per regalare un tuo brano “Fari”. È stata una tua idea, hai un social media manager o brami in segreto quello/a di Gianni Morandi?
È stata un’idea di Bomba dischi, nata un po’ al cazzeggio, ma vincente. Adesso, e parliamo del social media manager, sono a Cagliari in un albergo dall’aspetto un po’ anni ’70 e un po’ futuristico e vicino a me c’è proprio la persona che pensa di esserlo. Si occupa delle cose istituzionali e ufficiali tipo dei “link” per le prevendite o quelli per l’acquisto del merch. Mi ricorda peraltro di mettere i link sulla mia pagina, insomma. Su come siamo arrivati in Sardegna, sul viaggio, sui traghetti, preferirei un bel “no comment”.
Quali sono i brani di questo album a cui sei maggiormente affezionato. Sono talmente pochi che lasciarne fuori qualcuno sarebbe proprio ingiusto. E da stronzi.
Calcutta e Firenze. Non è la prima volta che vieni nella nostra città, date le collaborazioni con Gioacchino Turù. Ma grazie alla crescente richiesta di prevendite, il tuo concerto è stato spostato dal Tender all’ Auditorium Flog. Un bel passo. Paura?
Ho suonato un sacco di volte in zona Santo Spirito. Amo la zona dell’Oltrarno. Paura…beh…Sai cos’è un flop out? Il contrario di un sold out! A differenza di Bologna o Roma, Firenze non mi sembra una città dove la gente frequenta concerti. Ho un po’ paura che faremo il vuotone . Alla fine – forse – faremo questo famigerato vuotone. Ma noi siamo pronti.
Chi dice a Calcutta come pettinarsi? È lui a scegliere i titoli delle sue canzoni? A tutte queste domande non troverete risposta. Ma anche se non siete mai stati fenomeni a imparare le lezioni di storia alle scuole medie, con questo disco rinnegherete la vostra incapacità cronica di imparare “a pappardella”. Perché ripeterete i testi a memoria canticchiando ad alta voce ritornelli imparati per caso. E vi sentirete hipster. E non vi farà piacere.
Giovedì 3 Marzo
Dalle 21.30
Auditorium Flog – Via Michele Mercati 24/b
Ingresso 7 euro
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