di Marta Staulo
È facile innamorarsi dell’urbanistica. È lo step successivo al giocare a Monopoli. Ridurre a chiazze di colori differenti i palcoscenici della vite altrui è la brama di tutti noi nonché la genesi di ogni bestemmia con cui inizia la giornata di chi guida a Firenze, città fossile ma eterno cantiere. Dove tutti studiano architettura e nessuno fa l’architetto, me compresa.
Il luogo ideale dove Our Cities, il festival internazionale che indaga sul futuro degli spazi urbani, prenderà vita alla Palazzina Reale di Santa Maria Novella dal 22 al 25 ottobre grazie all’organizzazione dello studio Itinerant Office in collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Firenze e la Fondazione Architetti Firenze.
Sono quindici gli studi invitati a confrontarsi durante una quattro giorni di dibattiti aperti a tutti, quattro tavole rotonde e workshop, il tutto in lingua inglese. E dieci sono gli hashtag che ognuno di loro ha concepito, come nuovo vocabolario per il futuro delle città, quasi puntini numerati da unire sulla Settimana Enigmistica al fine di disegnare una linea continua chiusa, che circoscriva lo scenario di sviluppo urbano ad attendere le generazioni a venire. #bio, #social, #robot.
Nei titoli degli incontri la città si accompagna a parole quali Plural, Tool, Urgent, (R)evolution – che nell’immaginario generano facilmente le atmosfere delle grafiche russe di inizio secolo. Focus degli incontri saranno i nuovi modelli sostenibili basati sulla partecipazione dei cittadini, il miglioramento della qualità urbana quale fine ultimo dell’uso delle nuove tecnologie e la messa in campo di politiche per la riattivazione degli spazi dismessi.
Una città futura che si pensava diventasse smart e che invece è diventata social, creando modelli di confronto e collaborazione attraverso processi di inclusione e di condivisione.
Il logo del festival è una circonferenza non chiusa, una curva che è un’ intermediazione tra una O e una C (iniziali del nome dell’evento), come un abbraccio che lascia spazio aperto verso l’attesa di un’evoluzione.
«E il centro storico patrimonio dell’Unesco?» domandano in conferenza stampa.
Questa in sintesi la risposta: «Domanda fuori tema, grazie».
No future for you, Firenze.