Largo ai Balcani, all’energia fredda e tagliente che arriva dall’altra parte dell’Adriatico, a quel vento che scompiglia le regole, a quella genialità zigana, anarchica, fuori controllo. In Europa, Firenze è raccontata per Ponte Vecchio, Palazzo della Signoria e per Fabbrica Europa, polmone vitale per l’arte e la visione contemporanea. La definiscono, a ragione, “la Festa del Lavoro sul contemporaneo”, visto che siamo in odore di maggio.

Dall’8 maggio al 28 giugno, inaugurazione con l’installazione di Marco Bagnoli ad ingresso gratuito, saranno utilizzati gli spazi fiorentini (con un’ovvia e giusta puntata pontederese) che costituiscono una mappa per danza e teatro, una sorta di viaggio nel viaggio, di città dentro la città, un percorso alla ricerca, artistica e pedonale, interiore e urbanistica, visiva e sonora e architettonica e morfologica cittadina.

Sarà, come è accaduto nelle ultime edizioni (siamo alla ventunesima), uno spostarsi, un migrare di luogo in luogo, un muoversi, una felice transumanza, un esodo di ciabatte e scarpe aperte, di bermuda e maglie colorate a toccare la madre di ogni location Stazione Leopolda, di travi d’acciaio e mura sbreccate, di archi e colonne imponenti, fino alla grande pancia della luccicante Opera, passando per i mattoni del Cantiere Florida, l’austera apertura dell’ex chiesa di San Carlo dei Barnabiti, il minimalista Cango tra cristallo, ferro battuto e affreschi, il Goldoni appena ripartito a nuova vita, l’Istituto Francese affascinante di storia, Le Murate dove crescono il fermento giovanile e le idee di domani, il Teatro Era della città della Piaggio, casa della compagnia che ha ideato, forgiato e formato la Fabbrica nei suoi inizi, cambiamenti, rivoluzioni fino a come si presenta oggi.

Anche quest’anno sarà un viaggio allo stesso tempo dentro l’oggi ed aprendo finestre sul domani. Aprirsi al nuovo, a quello che sta accadendo vicino ai confini. E ci sarà teatro e ci sarà danza e ci sarà musica e performance.
Il diktat è lasciarsi trasportare, il must non avere preconcetti, seguire il flusso di coscienza, sentire i segnali da cogliere, avere la pelle d’osmosi.

Certamente il focus sul teatro slavo sarà da tenere d’occhio con un’attenzione particolare: le sette ore del “ Gabbiano” cechoviano realizzato dal Teatro Nazionale Serbo (9, 10 e 11) con il pubblico che non fruirà soltanto dell’opera ma la vivrà e vedrà e agirà dall’interno in un’immersione totale, ed ancora “ Maledetto sia il traditore della sua patria ” (10, 11 al Florida) aspro e inquietante, né passivo né consolatorio. Sono passati venti anni dall’assedio di Sarajevo, molto è stato detto, non tutto, sarebbe impossibile, tanto è rimasto nell’aria, nella terra, nel cielo, nelle nuvole violente che cavalcano dall’Asia fino al Mediterraneo. Da seguire con curiosità anche il progettone curato da Roberto Bacci con una decina di gruppi importanti ed emergenti della scena nazionale teatrale: dopo lo “Scendere da cavallo”, l’abbandonare il cosiddetto cavallo di battaglia e lanciarsi su nuove idee, dello scorso anno, stavolta si tratta di “Montare a cavallo”; “ Era delle cadute ” (13, 14 giugno), un’idea collettiva con una decina di minuti per gruppo in uno spazio-arena condiviso. Come non citare il gruppo di Hong Kong che farà entrare dalla porta principale FE dentro il colosso dell’Opera (27, 28 giugno), oppure Balanescu in “ Diario di un pazzo ” da Gogol (15 e 16 maggio), gli MK con “ Robinson ” (18 maggio) il cui coreografo Michele Di Stefano ha appena vin – to il Leone d’argento alla Biennale di Venezia. Infine i venti luoghi alternativi con il gruppo neonato di “ Unusual Florence ”, spazi di concezione nordeuropea votati alla contemporaneità, alla musica ed alle mostre come alle mise en espace, senza fronzoli, come succhiare l’essenza da una cannuccia.

(in alto: Riccardo Goretti al MAGMA il 26 aprile)

 

di Tommaso Chimenti