La Libreria Edison, costretta a chiudere alla fine di novembre, è stata per Firenze qualcosa di più di un “negozio dove si vendono libri”. Ha rappresentato per la città un luogo di scambio, di ritrovo, di officina culturale. Centinaia di presentazioni, eventi, incontri culturali e dibattiti si sono svolti in quasi venti anni di attività. L’Edison è il posto dove incontrarsi, dove stringere rapporti, dove poter leggere e informarsi sulle novità editoriali, ma non solo. Uno dei pochi spazi e delle poche librerie non trasformate in supermercati del libro.

Quindi la sua chiusura sarà una grossa perdita, e non solo la perdita di una libreria che non era in crisi, con conseguente perdita del posto di lavoro per i 36 dipendenti, ma anche la perdita di un luogo della città e dei cittadini. Un luogo di tutte quelle persone che l’hanno frequentata non semplicemente come negozio in cui comprare qualcosa in un classico “acquista e fuggi”, bensì come luogo in cui passare il tempo, consultare e approfondire, parlare e studiare, incontrarsi e fare conoscenza, ripararsi dalle intemperie ed anche innamorarsi.

Davanti all’imbarbarimento culturale a cui tutti noi assistiamo e a cui molti, purtroppo, si stanno abituando, l’Edison ha rappresentato una realtà culturale viva e vivace aperta a tutti e per tutti, ed è quindi indubbiamente un bene comune. Far chiudere la libreria significa dare un duro colpo alla città di Firenze, significa far spegnere l’ennesima luce di una città che pretende di essere il centro della cultura europea.

Ed a fronte di tale chiusura, causata dal mancato rinnovo del contratto di affitto da parte del proprietario dell’immobile non esiste ancora nessun progetto ufficiale sul futuro riutilizzo dell’immobile di piazza della Repubblica. Secondo notizie fornite a suo tempo dalla stampa (ma appunto mai confermate ufficialmente dal proprietario dell’immobile) lo spazio avrebbe potuto essere dato in affitto ad un colosso dell’informatica oppure ad una grande catena di abbigliamento.

Senza avere in linea di principio niente in contrario alla tecnologia o all’abbigliamento, i dipendenti della Libreria Edison hanno chiesto però che quel luogo rimanesse un luogo per la cultura, così come garantito anche da una norma del piano regolatore del Comune. E insieme a loro lo hanno chiesto più di 30.000 cittadini che fino ad ora hanno firmato una petizione istituita per chiedere al Comune stesso di non modificare il vincolo che garantisce la destinazione d’uso a carattere culturale. Lo hanno chiesto, naturalmente, perché ritengono che sia importante mantenere vivo uno spazio come quello e perché pretendono che l’amministrazione pubblica faccia una politica culturale che abbia come scopo il bene comune. Altrimenti il rischio è quello che Firenze si trasformi in una città vetrina per sole multinazionali. Ma lo hanno chiesto anche perché ritengono che laddove una libreria ha sempre ben funzionato ed anche in futuro sempre ben funzionerebbe, non ci sarebbe neanche una motivazione di carattere pratico-economico per modificare il vincolo di destinazione d’uso.

Notizia recente è che i dipendenti della libreria hanno avuto modo di incontrare il Sindaco Matteo Renzi, il quale ha dato rassicurazioni circa il mantenimento del vincolo culturale e la futura riapertura di un’altra libreria. Naturalmente la buona nuova è stata appresa, dai lavoratori, ma anche dalla città stessa di Firenze, con molto sollievo. Vero è però anche che i dipendenti della libreria, e con essi la città stessa di Firenze, non smetteranno di tenere alta l’attenzione e di seguire passo passo lo sviluppo della vicenda.

 

foto: © Niccolò Chimenti – Beatnoir Studio