di Gabriele Giustini e Leonardo Cianfanelli
Se la matematica non è un’opinione – spoiler, no non lo è – quando una rivista mensile arriva al suo centesimo numero di cui undici uscite annuali, questi 100 numeri corrispondono circa ad una decina di anni. Non a caso il numero 0 di Lungarno risale al settembre 2012 in occasione del concerto dei Radiohead al Prato delle Cornacchie delle Cascine di Firenze. C’è quindi un forte legame tra Lungarno, la musica e tutto quel che, nel nostro territorio, le ruota attorno, siano essi negozi di dischi, locali in cui suonare e band più o meno affermate.
Ma cosa è successo a Firenze dalla nascita di Lungarno ad oggi? Alcune realtà non esistono più – tante purtroppo – altre ne sono nate – non quante vorremmo. I negozi di dischi si contano sempre sulle punta delle dita e, sinceramente, un bel negozio specializzato con le novità del venerdì in bella mostra, ahinoi manca. Resistono Contempo in Via de’ Neri, costola dello storico Contempo all’epoca in Corso dei Tintori, la Galleria del Disco nel sottopassaggio della stazione, Move On, in Piazza Duomo con un po’ di vinile ed un bel panorama, Rock Bottom se siete alla ricerca di qualche edizione per cui lasciarci la tredicesima, Danex Records in Via degli Artisti o la parte dedicata alla musica da Libraccio, dove se siete fortunati potrete trovare qualche gustosa offerta.
Ci è andata ancora peggio con i locali dal vivo, già al netto di questi ultimi due anni di covid. Il Tender, ex Sintetika, non esiste più. L’Ambasciata di Marte nel frattempo è diventata Combo mentre, all’interno dell’Affrico, è spuntato il Glue. In San Frediano è nata la NOF per piccoli concerti anche in elettrico. La Flog resiste ancora – ripetiamo, covid permettendo – mentre al Viper, col passare degli anni, son state fatte sempre meno cose. Super attivi, invece, i bomberoni de La Chute al Circolo Arci Progresso. Se vogliamo sentire orrende cover dei The Beatles e far code pazzesche per smaltire la birra, non possiamo più andare al Bebop, o andar nella grotta dell’Eskimo. Rimane qualcosa per un drink ed una chitarrina acustica, come al Volume o allo Speakeasy in San Niccolò.
LA SCENA è stato il nome di una nostra rubrichetta che tutti i mesi voleva far luce in modo ironico (ma molto orgoglioso) su quei personaggioni che spesso e volentieri si incrocia(va)no ai concerti in giro per Firenze, musicisti o malati cronici come quelli che vi stanno scrivendo in questo momento.
Durante i cento numeri di Lungarno sono state tante le facce che si sono alternate ne LA SCENA, ma tutte o quasi hanno gravitato intorno a quella santa istituzione chiamata Rock Contest, la sfida musicale voluta da Controradio e capeggiata da Giuseppe Barone.
Impossibile citare tutte le band che abbiamo adorato in questi anni e chiediamo subito perdono a chi rimarrà fuori, ma nonostante il poco spazio a disposizione ci proveremo. Doveroso iniziare con gli albori dell’etichetta fiorentina Black Candy e i suoi The Hacienda, poi emigrati in UK, i Velvet Score o le meraviglie psichedeliche dei Go!Zilla, Plastic Man e The Vickers da cui ha preso forma quello splendore altissimo chiamato l’Albero, per spostarsi in tempi più attuali con i bagliori degli O.B.O. e la divina Serena Altavilla, che già aveva spaccato con i Baby Blue (prima) e i Blue Willa (poi). Il lato più straniante è sicuramente affidato alla fromSCRATCH record di quei genietti dei Miranda o ai mondi paralleli di Samuel Katarro, poi King of the Opera dalla cui costola sono nati Sex Pizzul, insieme al magma dei Bad Apple Sons e al fascino di UnePassante. Le chitarre oniriche dei We Melt Chocolate, il pop tropicale degli Aquarama, il lato oscuro e sperimentale del giro Dio Drone e recentemente c’è anche chi è finito in televisione con Cattelan (Street Clerks) o dentro X Factor (BowLand, Manitoba e Cassandra) e chi ha avuto la fantastica idea di formare un collettivo devoto alla musica italiana (Fiore Sul Vulcano) e uno alla consolle a 360 gradi (DE RIO).