Abbiamo parlato con Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento di ridistribuzione dei flussi turistici nei piccoli musei. Che ruolo ha la pandemia?
“Poteva essere l’occasione per un cambiamento di rotta: valorizzare con migliore qualità di visione culturale l’idea di museo diffuso, i tanti musei civici, cosiddetti “minori”. Passare da una sorta di oligarchia a una democrazia museale, facendo riscoprire il patrimonio con piccole mostre in contesti locali per ricostruire l’identità di un luogo”.
La pandemia ha in parte restituito la città e i musei ai cittadini. Come muta il rapporto con le istituzioni culturali?
“Il governo ha ritenuto di chiudere i musei, ma la loro attività è una risorsa educativa straordinaria. Il Museo Novecento era perfettamente in grado di offrire visite in sicurezza. La città svuotata di turisti poteva dare un’alternativa culturale con i musei aperti: in questo periodo possono offrire sollievo e arricchimento cognitivo”.
“Siamo con voi nella notte” è la scritta che campeggia sulla facciata del Museo. Qual è il ruolo dei musei civici oggi?
“Quello di educare all’arte del ‘900 e contemporanea, necessario per un’evoluzione della sensibilità al linguaggio del presente. A lungo l’arte contemporanea a Firenze è stata marginalizzata, a favore di una rendita di posizione dettata dal passato. Ora è utilizzata per operazioni di marketing culturale finalizzate ad aumentare i risultati numerici. I musei civici offrono approfondimento di artisti e temi non così celebrati. Generano cultura, esperienze conoscitive non sottomesse alla rendita del turismo”.
Come immagina Firenze in futuro?
“Una città laboratorio, ricca di residenze d’artista. Grande importanza ha il ruolo dei privati, in aiuto all’amministrazione. Come era nel Rinascimento: un grande campus della cultura, interdisciplinare, dove i giovani possano coltivare il proprio talento ed essere sostenuti”.