“Dal 26 aprile riaprono al pubblico cinema, teatri, sale concerto, live club”.
E luce fu. Una luce a LED, di quelle che prendono forza col passare delle ore. Una luce flebile, certo, ma forse è quello che ci vuole dopo un anno di buio pesto, il giusto modo per ri-abituarsi e adattarci al nuovo ambiente. Tant’è che si parla ancora di early-coprifuoco… e quale mente riesce a immaginare un live club o cinema che chiude alle 22, non ci è dato sapere. Una reazione, la più semplice e scontata, è la lamentela. Lo sconforto e la rassegnazione per l’ennesimo controsenso, l’ennesimo ni, l’ennesimo puoi ma non puoi.
Un altro sorprendente lato della medaglia potrebbe essere il cogliere l’occasione per ripensare il sistema-concerti, per lo meno nei giorni feriali. Da anni il disturbo principale per gli avventori dei live club è stato l’orario di inizio (e quindi di fine) dello spettacolo, non compatibile con una vita lavorativa diciamo standard. Dall’altra parte gli organizzatori si sono sempre difesi nel dover spostare di continuo l’inizio serata, per non far esibire la band di turno davanti a una sala vuota. Che sia la volta buona per allinearci a un sistema filo britannico con buona pace di tutti?
Alla fine, nell’oblio in cui siamo finiti, qualcosa si è smosso per lo meno nelle gestioni delle prenotazioni online e della pubblica amministrazione. Vero è che siamo talmente in ritardo sulle economie culturali che il tempo per ripartire “con calma” è scaduto da un pezzo.
Però, mentre si lavora per il meglio, facciamo con quel che abbiamo, no?
Buona lettura.