di Daniel C. Meyer
Toscana (in)Felix? Cultura, arte, bellezza, buona cucina, un tessuto sociale vivace, un’economia che tiene, un sistema sanitario efficiente ci raccontano spesso che viviamo in una delle regioni più fortunate d’Italia, ma forse la realtà è un po’ più complessa.
Infatti, secondo quanto riportato recentemente da Il Sole 24 Ore (che ha preso in esame i dati forniti sul consumo di psicofarmaci forniti dal provider di dati sanitari IQVIA), la nostra regione è la prima in Italia nella classifica del consumo di antidepressivi e stabilizzatori dell’umore, con 28,13 unità somministrate pro-capite all’anno (giusto per fare un paragone: la media nazionale è di 16,90 unità, e in una regione come la Campania il dato è di 12,44 unità).
Letto così, sembra un dato sicuramente impressionante, che fa riflettere; la tentazione più facile potrebbe essere quella di tracciare una sorta di “mappa del disagio mentale” sulla scorta di questi dati, e giungere alla conclusione che i toscani sono più depressi d’Italia mentre in altre regioni, per vari motivi, sono invece più “felici”. Ma forse non è tutto così semplice, e i numeri da soli non bastano a spiegare un fenomeno così complesso.
“Questi numeri vanno capiti e contestualizzati correttamente, a maggior ragione in un momento in cui siamo sommersi da fake news e notizie non correttamente riportate» commenta infatti Valdo Ricca, Professore Ordinario, Direttore della Scuola di specializzazione in Psichiatria all’Università degli studi di Firenze e Direttore della SOD Complessa Psichiatria AOU Careggi Firenze. E spiega: «Questi dati al contrario non fanno che confermare quello che già sappiamo, e cioè che la Toscana è, fin dai tempi del Medioevo -basti pensare a enti come le Misericordie, la Fratellanza Militare, l’Istituto degli Innocenti, e tanti altri- una delle regioni più civili d’Italia, che ha a cuore chi soffre e se ne prende cura. Una visione che fa parte anche del bagaglio di tutta la classe medica, a partire dai medici di famiglia e fino ai professori universitari, che su questi aspetti già negli anni Ottanta erano avanti nella loro cultura dell’insegnamento”.
Secondo Ricca, “il dato sul consumo degli antidepressivi va quindi “ribaltato”: non è che in Toscana ci sono più persone che soffrono, è che qui ce ne prendiamo cura come si fa da poche altre parti; non a caso, i numeri sulle prescrizioni di antidepressivi sono in linea con quelli di altre, civili, regioni del Nord Europa. Perché, ricordiamolo: stiamo parlando di medicine che hanno effetti importanti e positivi, soprattutto nei casi di depressione, ansia e stress, migliorano sensibilmente la vita di chi ne fa uso e riducono in modo significativo l’impiego di farmaci, come ad esempio le benzodiazepine, che invece possono dare seri problemi di dipendenza. Tutto questo mi fa dire, con la massima serenità, che io sono felice di vivere in una regione così civile che ha tanto a cuore la salute dei suoi cittadini. E penso che tutti noi dovremmo esserlo”.