Il cinema documentario è un continuo divenire. Lontani i tempi in cui era considerato come elitario e poco aggredibile, è, al tempo presente, strumento di informazione prediletto dalle nuove generazioni. Merito di autori capaci di indagare la realtà da un punto di vista diverso e stimolante, ma anche di manifestazioni come il Festival dei Popoli che offre al suo pubblico uno sguardo verso un orizzonte sempre più ampio. Ne abbiamo parlato col Direttore Artistico Alessandro Stellino.

Per aprire il Festival avete scelto un’opera che racconta il passato recente di Gaza.

«Il film With Hasan in Gaza del regista palestinese Kamal Aljafari è la scelta migliore che potessimo fare. Il cinema documentario è il cinema del tempo presente e ci chiama a schierarci.È un film molto diverso da quelli che parlano di Gaza a cui siamo abituati perché, attraverso dei video ritrovati, ci riporta indietro nel tempo a un luogo che sembra non esistere più».

Sempre a proposito di territori che vivono conflitti, avete mantenuto una luce anche sull’Ucraina.

«Abbiamo più di un film sulla guerra in Ucraina, anche in questo caso ripresa da punti di vista inediti come ad esempio Checkpoint Zoo di Joshua Zeman che racconta lo sgombero da parte di addetti e volontari di un ricovero per animali, alcuni dei quali feroci, anche loro terrorizzati dalle bombe. Un film impressionante».

Spostandoci in Italia avete in programma due documentari che raccontano Firenze in un suo momento di gloria, ovvero la scena delle avanguardie anni 80.

«Presenteremo, dopo l’anteprima veneziana, Piero Pelù. Rumore dentro di Francesco Fei eUscivamo molto la notte di Stefano Pistolini con la scena fiorentina di quegli anni raccontata da chi la animava come Federico Fiumani. È il ritratto di un’epoca ma anche di quel che è successo dopo, del perché è stato un momento così breve. Questo argomento ci sta particolarmente a cuore perché il Festival dei Popoli è il Festival di Firenze e vogliamo che si faccia ponte per ricordare che bisogna continuare a mettersi in gioco, essere irriverenti esperimentare, proprio come facevano quei ragazzi».

A proposito di irriverenza, c’è grandissima attesa per Ai Weiwei’s Turandot che documenta la messa in scena della Turandot al Teatro dell’Opera di Roma da parte dell’artista cinese

«Lui è un personaggio che evoca subito il coraggio e la dissidenza e che, per la prima volta, si è cimentato con l’opera lirica cercando di attualizzarla. È un film sull’arte come forma di resistenza anche a difficoltà come la pandemia e la guerra in Ucraina che hanno bloccato i lavori per la messa in scena».

Si rinnova anche lo spazio alle voci femminili del documentario.

«Omaggeremo Sarah Maldoror (1929–2020) la prima donna fare cinema in Africa di cui presenteremo 12 opere. Inoltre dedicheremo un focus a Marie Losier, regista contemporanea francese di ritratti irriverenti su personaggi all’avanguardia nel mondo musicale».

Il programma del Festival dei Popoli non si esaurisce qua ma, come di consueto, comprende musica, arte, storia e l’introduzione al documentario per i giovanissimi. A Firenze dall’1 al 9 novembre.