Una conversazione con Francesca Matteoni: tra scoiattoli, lupi, foche e orsi, vagando per boschi e montagne, nasce Animali, custodi di storie, nuovo saggio edito da Nottetempo.

La prospettiva di un ecosistema di regole condivise non dovrebbe partire solo dalle leggi umane, ma estendersi al regno di tutti i viventi. Questo è il messaggio portante del nuovo saggio di Francesca Matteoni, Animali, custodi di storie. La questione dello spazio e dell’abitabilità emerge in un testo in cui i temi dell’abitare, del diritto alla condivisione della realtà si intrecciano con folklore, storie personali, miti e antropologia.

Dice Matteoni: «Tutto parte dalla terra che condividiamo. Noi come esseri umani d’Occidente dobbiamo renderci conto che il nostro problema è l’essersi vissuti in astratto, essersi distaccati dallo spazio condiviso. Solo noi usiamo la parola natura, mentre potremmo parlare di mondo». L’autrice illustra la possibilità di trascendere l’umano per comprendere come i concetti di natura e cultura siano allargabili alle intere specie di viventi.

Questo atteggiamento inizia dalla volontà di conoscere i diversi sistemi di comunicazione, di convivenza e simbiosi. «Non è la negazione dell’umano, siamo una parte del vivente come tutto il resto; riappropriarsi di una visione non gerarchica, che non prevede primati di specie sarebbe la soluzione di tutte le guerre e i genocidi».

Uno dei problemi riscontrati in questo viaggio tra scoiattolo, orso, foca e lontra, infatti, è l’idea che il funzionamento della convivenza si basi su un equilibrio prestabilito e indiscutibile, ma l’armonia è una distopia che non rispecchia il mondo naturale: «La natura è caos. Il punto è non trovare soluzioni che non arriveranno mai, ma imparare l’adattamento con rispetto per tutto, per il cacciato e per il cacciatore; rimettersi nell’ottica della preda e della restituzione alla terra di quello che siamo.» L’ecosistema va per tentativi, non rispetta un ordine prestabilito. Il legame con la questione politica è forte e coinvolge, in realtà da sempre, anche gli animali, dal loro impiego bellico alla questione coloniale. Convivenza è anche comunicazione, linguaggio, gesto, espressione. Lo scoiattolo grigio che soppianta quello rosso in alcune zone dell’Inghilterra ha un’espressione «come se volesse morderti», non ha niente di dolce per alcuni abitanti del luogo.

Che sia disagio umano o interspecie, c’è un canale di comunicazione, un sentore che è l’accettare la possibilità che l’altro si stabilisca in un luogo. L’idea che l’animale non comunichi, infatti, è solo un tentativo di oggettificazione: «La vita è anche opportunista con tutte le specie, ma te lo puoi raccontare in molti modi; dono, scambio, riconoscimento, oppure in quella più pericolosa di tutte: che una specie progredisce e che il resto è un oggetto, e lo farai anche con etnie all’interno di quella specie». È l’immagine che ci facciamo dell’altro a imporre su di esso un’identità, come per orso, il maestro dell’emisfero boreale: «L’essere umano ha imparato prendendo da tutti gli altri animali e raccontandosi gli altri animali come esseri umani a loro volta. L’orso è il signore di tutti questi animali». L’orso, dunque, è il custode di storie.