di Michele Baldini – Ludovica Gregori

Un’esperienza olistica, guidata da visione e libertà creativa

La visita a OCA – Oasy Contemporary Art and Architecture dura circa due ore e si svolge esclusivamente su prenotazione, per gruppi ristretti da 15 a 20 persone. A condurci lungo il percorso è Emanuele Montibeller, fondatore di Arte Sella e direttore artistico del progetto. È lui stesso a introdurre l’esperienza con parole che subito chiariscono l’approccio: “Questo lavoro è il frutto di un impegno di oltre due anni. Rispetto a quanto ho fatto in precedenza, ho potuto godere di maggiore libertà e tranquillità sotto tutti i punti di vista”.

Un’ambizione costruita per gradi, senza pressioni. “In Toscana l’arte contemporanea ha ancora un seguito limitato, ma puntiamo a un pubblico di qualità, composito, che possa crescere nel tempo. Anche perché, qui, non ci sono esigenze o aspettative di un ritorno immediato”, sottolinea Montibeller.

La complessità del progetto emerge chiaramente: multidisciplinare per natura, ha coinvolto architetti, artisti, artigiani e tecnici, tutti chiamati a operare nel pieno rispetto dell’ambiente e con totale adesione a una visione curatoriale per molti aspetti condivisa. Una visione resa possibile anche dalla cornice straordinaria: una riserva naturale di oltre 1000 ettari nel cuore dell’Appennino pistoiese, interconnessa con le strutture di Oasi Dynamo, OasyHotel, Dynamo Camp e Fondazione Arte Dynamo.

Un cammino tra le opere, con la natura come complice

Il percorso si sviluppa in un ambiente boschivo autentico, a tratti selvaggio. Si tratta di un sentiero facilitato, ma non addomesticato: non è completamente accessibile e richiede attenzione, rispetto per l’ambiente e predisposizione all’ascolto. A ogni passo, l’arte incontra la natura, la segue, si integra con essa.

Le sei installazioni permanenti, distribuite lungo il tracciato a una distanza meditata (e meditativa), ci obbligano a rallentare. Tra un’opera e l’altra si avverte il tempo, lo spazio, i rumori e i profumi del bosco. Ogni passaggio diventa parte della visita, un ponte sensoriale tra arte e paesaggio.

Ad arricchire la narrazione, oltre a Montibeller, intervengono Roberto Castellani, architetto e responsabile degli aspetti tecnici, e Antonio, guida ambientale. I loro racconti svelano retroscena preziosi: dalla selezione dei materiali alla logistica della posa, fino alle caratteristiche faunistiche e geologiche della zona. Un lavoro corale, curato con attenzione quasi rituale, dove nulla è lasciato al caso.

Le opere: sei tappe tra poesia, architettura e paesaggio

Per raggiungere l’inizio del percorso artistico, gli ideatori hanno previsto una prima camminata nel bosco, un tragitto per lasciare indietro preconcetti sociali e culturali ed essere pronti, aperti al successivo tragitto trasformativo e benefico tra arte, architettura e natura.

Il percorso comincia con Home of the World di David Svensson, installata nel prato del ristorante a km0 Casa Luigi, un’opera che accoglie i visitatori come una soglia tra l’ordinario e l’eccezionale, quest’ultimo rappresentato dal superamento del concetto di nazione a Oasy:  le bandiere dell’opera sono una mescolanza di simboli e colori ufficiali, i quali però non hanno senso qui, dove ciascuna persona è benvenuta, senza bandiera.

Si prosegue addentrandosi nel bosco, dove timidamente emerge Dynamo Pavilion di Kengo Kuma, si insinua tra alberi e sottobosco, in rispettoso dialogo tra innovazione tecnologica e ombre, luce, vento e fasi vitali degli alberi, essendo l’opera pensata per amplificare le vibrazioni e risuonare alla caduta dei ricci di castagno.

Dalle folte ginestre che lo circondano spunta Nella terra il cielo, un progetto congiunto di Mariangela Gualtieri e Michele De Lucchi. Qui poesia e architettura si fondono in un’esperienza mistica e contemplativa, una delle tappe più intense dell’intero tragitto. A contrasto con materiali naturali lignei e lapidei, la tecnologia audio nell’opera permette l’ascolto di parole poetiche cariche di simbolismo che scuotono il senso di responsabilità e cura verso l’ambiente, ricordandoci che l’essere umano “fatto di terra” ne è parte integrante: un invito a superare la dicotomia Uomo – Natura alla base dell’accelerazione della crisi ambientale.

Sotto l’ampia copertura dall’intenso profumo d’ebano di forma circolare invita senza porte e pareti a stendersi e fissare l’oculo centrale che incornicia il cielo. I visitatori, in posizione orizzontale e contemplativa, sono invitati a percepire un senso di appartenenza a qualcosa ben più grande del singolo individuo, incentivata dalla ponderata scelta della direzione dell’oasi di organizzare solo visite in gruppo.

Si entra poi nella macchia più fitta per scoprire in una radura Heideggeriana Fratelli Tutti di Matteo Thun, ispirata all’enciclica omonima di Papa Francesco: come una sorta di Stonehenge contemporaneo, le grandi pietre locali si ergono tra gli abeti lungo la primordiale e immortale forma del cerchio, necessaria all’uomo per tenere “dentro” o “fuori”, come un invito alla fratellanza universale.  Montibeller sottolinea come “questo ancestrale recinto senza tempo sia in grado di delimitare uno spazio nell’ampio bosco”: a contrasto con la grandezza della natura, ricorda all’essere umano la sua piccolezza in assenza di una fratellanza globale.

Oltrepassato un sentiero caratterizzato da ritrovamenti fossili Erosions di Quayola scolpisce blocchi di pietra lavica utilizzando algoritmi generativi, trasformando la materia grezza in forme organiche, quasi fossili del futuro. Il senso di questa opera può essere compreso solo mettendo in discussione il proprio punto di vista. Il basalto utilizzato proviene orizzontalmente da molto lontano; verticalmente si trova a qualche chilometro sotto i nostri piedi. Le pietre possono sembrare dei meteoriti, eppure appartengono alla parte più viva della Terra.

Infine, ripercorrendo parte del sentiero a ritroso, si giunge a Self-regulation di Alejandro Aravena: una torre in cemento posata orizzontalmente, come un rispettoso elogio al passato toscano,  sulle vestigia di una concimaia. Un gesto architettonico che riflette sulla memoria, sull’equilibrio e sulla trasformazione. Il comportamento dei visitatori è parte integrante dell’opera: un invito a mantenere il proprio autocontrollo nell’approcciarsi alla struttura, nonché alla natura. Realizzata senza un vero punto di accesso, i visitatori possono salire lungo la concimaia senza calpestare le piante, scavalcare o arrampicarsi sui muri preesistenti senza danneggiarli. Nella “torre” superfici specchiate impongono l’auto-osservazione invece di incorniciare in modo prevedibile il paesaggio circostante.

Una sosta alla Fondazione Arte Dynamo: l’arte come cura

La visita si conclude con una tappa alla Fondazione Arte Dynamo, curata da Marco Bazzini (già Centro Pecci di Prato). In quella che un tempo era una stalla,  è allestita la mostra L’Arte è WOW!, una selezione di opere realizzate nell’ambito di Dynamo Art Factory, il progetto speciale che da oltre quindici anni unisce arte contemporanea e Terapia Ricreativa Dynamo ®.

Le opere nascono durante residenze d’artista che coinvolgono direttamente bambini e ragazzi affetti da patologie gravi o croniche insieme alle loro famiglie, affiancati da artisti internazionali e dallo staff di Dynamo Camp. Un’arte che non è solo espressione personale, ma anche strumento di relazione, crescita e meraviglia.

Oasy Contemporary Art non è solo una mostra a cielo aperto, ma un’esperienza che unisce estetica, etica e paesaggio. Una proposta culturale che non cerca l’impatto immediato e superficiale, ma coltiva lo stupore profondo e duraturo per diffondere / alla ricerca di un cambiamento profondo. Un luogo dove l’arte non si impone, ma accompagna; dove la natura non è scenografia, ma parte viva del processo creativo.

“OCA offre e crea bellezza come valore fondamentale”, inseparabile da quello della felicità, in linea con recenti iniziative europee per migliorare la qualità di vita di tutti, attestandosi come un progetto precursore ed innovativo. Come per tutti quelli naturalistici, resta per questo percorso la sfida di diventare quanto più possibile fruibile a persone con difficoltà nel muoversi in autonomia, di cui Oasi Dynamo già si prende cura attraverso altre iniziative e strutture e che si auspica possano percorrere anche questo cammino.

Visitare questo luogo permette di percepire come alcuni riconosciuti talenti dell’interpretazione artistica e architettonica abbiano tradotto per tutti i visitatori la visione poetica di questa oasi, specchio di una condizione umana e ambientale più ampia. Così come M. Merleau-Ponty riassumeva il potenziale dell’arte, “noi non veniamo a vedere l’opera d’arte, ma il mondo secondo l’opera.”

Emblematica a chiusura di questo percorso è l’opera di IPER-COLLETTIVO che con combinazioni e configurazioni diverse di rocchetti tessili dell’industria pratese ha realizzato diverse installazioni che da Fondazione Arte Dynamo escono e arrivano nelle nostre piazze come accaduto all’inaugurazione dei social housing parte del progetto di recupero dell’area di San Giusto a Prato.