di Tommaso Bonaiuti

C’è chi dice che a Firenze non passa mai buona musica, e chi mente. 

Ammetto di essere stato, forse troppe volte, un peso massimo della lamentela (sport cittadino, se non proprio regionale), ma di aver sempre aggiunto un asterisco a questa considerazione. “Se solo ci fossero due o tre Annibale in più…“. 

Annibale è, da anni, una delle realtà più solide e costanti nel portare da queste parti musica di grande qualità e ricercatezza, oltretutto vincente nella non scontata impresa di convincere un pubblico generalmente molto diffidente come quello fiorentino. 

Il lavoro svolto in questi anni, anche e soprattutto al di fuori dei confini nazionali, ha permesso all’agenzia di organizzare un proprio festival, di ritorno dopo una lunga pausa, anche grazie al contributo di Arci Firenze e Connections. 

Il factotum di tutta l’operazione è Luca Landi, musicista nei Città Deserta e nei Go!Zilla e booker, che intervistiamo in vista di questo importante appuntamento per la musica dal vivo a Firenze, sabato 17 maggio all’Ex Fila.

L’Annibale Festival torna (finalmente) dopo 6 anni. Cosa ci dice quest’assenza? Che hai voluto prenderti del tempo prima di organizzare un evento un po’ più grande e con più gruppi, o che a Firenze è davvero difficile trovare uno spazio in cui portare la musica che proponi?

Dopo la pandemia e i duri colpi subiti a livello lavorativo dalla nostra agenzia ho dovuto semplicemente concentrarmi sul mio lavoro più che sulla diffusione sul territorio che ad oggi è più che altro un investimento e una battaglia contro ciò che altrimenti, non esisterebbe. Gli spazi ci sono, sono rinnovati e sono aumentati grazie alla presenza di Arci Firenze che ha creato un collettivo nuovo di ragazzi giovani che stanno reinvestendo sulla musica, sul sociale e sta decisamente funzionando.

Due parole sulla lineup, partendo da Lydia Lunch. Questa leggenda newyorchese, accompagnata per l’occasione da Marc Hurtado, suonerà un set celebrativo speciale. Puoi anticiparci qualcosa?

Lydia Lunch è entrata nel nostro roster di artisti europei e non poteva essere altro che cosi, avevamo bisogno del suo stile e della sua storia: suonerà un intero set dedicato ai Suicide e sarà veramente intenso, non vedo personalmente l’ora!

Ti va di introdurre anche gli altri artisti in lineup?

Ho cercato di fare una lineup variegata per dare spazio a varie realtà senza dovermi soffermare su di un genere singolo: partiamo da Data Animal da Berlino, a cavallo tra noise e il punk (Mitch lavora nel negozio Death By Audio e per l’etichetta americana Dedstrange con la quale collaboro, e porterà una sua distribuzione di pedali e di dischi della label), a seguire sempre sul palco esterno, Admiral, una scoperta recente che vi farà ipnotizzare con synth e drum machine, il tutto in solo. In solo come Pearz che completerà il programma del palco esterno (YARD) presentando “Pacifico” il suo primo LP disco funk fusion.
Nel palco interno avremo Conscious Pilot, art rock band da Glasgow per la prima volta in tour, Monde Ufo, devastanti, psichedelici, armonici: meravigliosi, ed infine Torba, altro italiano presente con una sorta di live techno che completerà la lineup oltre, ovviamente alla prima citata Lydia Lunch.

In questi anni di attività con Annibale hai portato musica di grande qualità a Firenze e dintorni. Un ricordo in particolare? Una band/serata memorabile?

Per me organizzare un evento, portare una band sconosciuta o quasi e poi vedere la gente felice e ringraziare per aver scoperto qualcosa di nuovo è il raggiungimento del mio massimo obiettivo: la diffusione.  

Non tutte le serate sono state emozionanti allo stesso modo, credo che il Festival di Annibale nel 2018 sia stato forse il momento nel quale ho creduto veramente che qualcosa di buono era stato fatto nella nostra zona.

Durante il concerto dei Warmduscher il cantante si è lanciato contro una persona del pubblico e si sono letteralmente menati mentre il fonico sparava la macchina del fumo a mille per evitare che si vedesse cosa stava succedendo: chiaramente hanno finito abbracciandosi e baciandosi in pieno stile ubriachi di rock’n roll.

Credi che questi 4 anni abbiano permesso ai club in Italia di riprendersi dalla brutta parentesi del Covid? Quanto è cambiata l’economia della musica dal vivo, da allora? Come stiamo messi oggi, in sostanza?

In Italia la scena underground è molto più forte di quello che si pensi, ma noi italiani siamo molto più bravi a lamentarci che a vendere al meglio il nostro prodotto. Diciamo che la pandemia ha spazzato via tante realtà che lo facevano solo per hobby e ha creato delle fondamenta un pochino più solide nella mente di chi vuole iniziare a promuovere musica, ovvero sapere che la musica è un lavoro e come tale deve essere trattato. Ci sono tanti Festival e tanti eventi come il nostro che, se gestiti da una “direzione” solida e professionale possono avere accesso a fondi europei, come nel nostro caso, atti appunto a sostenere la diffusione di arte e spettacolo ed essere meno stressati dalla vendita del biglietto. Stiamo male in generale perché gli artisti e poi di conseguenza i promoter tirano troppo il collo al fruitore che si trova a pagare biglietti assurdi per eventi che non valgono quel costo, per questo bisogna ripartire dall’underground, dagli eventi cittadini, ricercati, dove ascoltare cose nuove e a farsi un’idea di ciò che veramente ci può interessare a livello personale. Un evento come il Firenze Rocks non porta nessuna miglioria a livello musicale cittadino ma ovviamente ingrassa le tasche di quei pochi che ci mettono le mani. Spero un giorno di metterci le mani anche io 😀

Lavorando molto anche fuori dai confini nazionali, quali sono le maggiori differenze tra qui e l’estero (a livello professionale/ attitudinale, per quanto riguarda gli addetti, ma anche come pubblico italiano vs pubblico europeo/internazionale)? E quali sono, secondo te, le mancanze del nostro paese da colmare?

Credo che la differenza maggiore da colmare è l’accoglienza nel locale: avere un’acustica buona, un palco interessante con luci belle e creare un atmosfera che sia personale e che sia anche di impatto è fondamentale per far si che chi “investe” una propria serata e del proprio tempo per partecipare ad un evento si senta parte di qualcosa.
Ecco la risposta è: dobbiamo ricreare una scena, cosa che c’è in tante parti d’Europa. ma le scene sono cittadine, non sono nazionali… a Firenze il mio obiettivo è rimescolare le carte, far si che chi viene agli eventi di Annibale abbia voglia di suonarci lui stesso un giorno, di creare band e di essere influenzato da quello che succede intorno. Per fare tutto questo ci serve tempo e volontà, cosa che spero non mi mancheranno.

Quali sono gli aspetti del tuo lavoro che più ti fanno incazzare? E quali quelli che ti gratificano maggiormente, anche sulla lunga distanza (e non necessariamente a livello economico o di guadagno)?

Da booker / musicista / organizzatore quello che mi fa più incazzare è semplice: il recupero crediti. Diciamo che al di là delle battute sono tanti gli aspetti farraginosi, quali per esempio i lunghi tempi di attesa per confermare location ed eventi stessi quando io vengo mangiato vivo dall’ansia di creare connessioni costanti.
A livello di gratificazione vedere amici e non che mi ringraziano per aver portato qualcosa a livello cittadini, avere band che si sentono di aver migliorato il loro percorso dopo aver incontrato la nostra agenzia e il nostro lavoro e ovviamente… vorrei tantissimo che ci fosse una cover band ufficiale dei Go!Zilla.

Cosa consiglieresti, e sconsiglieresti, ai ragazzi che vogliono intraprendere la carriera del booker/tour manager?

Consiglierei di avere pazienza e di utilizzare i media nella maniera migliore possibile per scoprire e targettizare i loro obiettivi, senza farsi prendere dalla FOMO. Consiglierei di buttarsi, la musica è una passione travolgente che crea connessioni, che salva persone e che ovviamente crea posti di lavoro. Ad oggi nel terziario della musica ci sono tanti ragazzi che si lanciano pensando che per essere tour manager basti saper guidare o per essere booker basti saper scrivere una mail. Ovviamente la cosa che serve più di tutti è la pazienza, la perseveranza e la necessità di creare connessioni durature con più realtà possibili perché non saprai mai chi potrà essere un giorno capace di accompagnare il tuo percorso.

E invece, cosa consiglieresti a chi vuole fare musica alternativa in Italia? A partire dalla scelta della lingua, fino alla produzione, alla ricerca delle etichette, etc.

Nel 2025 ho smesso di credere che bisogna cantare in inglese per avere un pubblico, ormai ci riferiamo ad una platea di persone che sa scrivere un post su Instagram quindi può capire qualsiasi lingua dal francese all inglese all’arabo. La lingua da scegliere è solo quella che vi permette di esprimervi al meglio sia a livello compositivo che concettuale. La produzione è probabilmente il momento più bello della creazione di un progetto proprio nel quale si può includere più persone possibili, avere un’idea vincente e crederci è alla base, ma riuscire ad attirare dentro al tuo mondo un team di persone che lavoreranno al tuo fianco è fondamentale, perché purtroppo ad oggi per suonare non serve niente se non un computer, ma per emergere serve molto più di prima perché nel mare di proposte di Spotify se vuoi essere quello che spicca devi avere molte persone che remino verso la tua stessa direzione e che guadagnino dal tuo progetto, non basta solo volerlo ma far si che, professionalmente, intorno a te, si creino opportunità lavorative.

Raccontaci cos’hai in serbo per l’estate! Ho visto che accompagnerai in tour una band che manca dai palchi da quando molti dei nostri lettori forse non erano nemmeno nati…

Per quest’estate ho un pò di sorprese a livello organizzativo che lancerò dopo il festival di Annibale e avremo una serie di tour infiniti, tra cui, penso che parli di loro… Mclusky. La mia personale scommessa è che dopo la reunion degli Oasis (non è gusto personale ma una considerazione) la musica inglese tornerà ad essere leader del mercato europeo e si spera di tornare ad ascoltare tante band che oltre al sound sappiano scrivere anche canzoni.

 

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