Di Matteo Cristiano e Assemble Precaria Firenze

 

Una riflessione a cura dell’Assemblea precaria dell’Università di Firenze

L’assemblea precaria raccoglie student*, dottorand*, assegnist* e ricercator* dell’Università di Firenze e della sede fiorentina della Scuola Normale Superiore che si oppongono al definanziamento degli atenei pubblici e alla precarizzazione del lavoro accademico aggravato dall’imminente riforma Bernini.

Ci sono state rivolte delle domande per un’intervista, ma ci siamo accorte che ad ogni domanda, noi rispondevamo con altri interrogativi. Precarietà significa questo: fare quotidianamente i conti con un presente logorante e un futuro sempre da rimandare.

A pensarci non ricordo nemmeno dove vivevo due anni fa. E dove vivrò tra sei mesi? Mi piacerà la città dove ho vinto l’assegno? Troverò casa lì? E tornerò mai in questa città? Le persone con cui ho lavorato qui, dove saranno loro? Si saranno trasferiti altrove? Chi sarà lə prossimə a doversene andare? Faccio il periodo all’estero? Quanto è il minimo che devo restare e quanto il massimo prima di poter tornare? Basteranno i soldi? Riuscirò a stringere relazioni nella mia prossima sede? Starò loro simpatic*? Ma prima di ripartire per una nuova città, provo a pensare a questa giornata, a sopravvivere.

Avrò tempo per me oggi? Avrò tempo per prendermi cura delle persone a cui voglio bene? Ho il tempo per farmi la schiscetta o vado fuori a pranzo? Non spenderò troppo? Dove mangio la mia schiscetta? Alla scrivania? Dov’è la macchinetta del caffè? Perché devo far le slide per il mio prof boomer? Quanto ci metto coi mezzi pubblici per arrivare in università? Perché i biglietti dei treni costano così tanto? Perché gli sconti young sono solo fino ai trent’anni? Quando le faccio le slides per quel corso di 36 ore pagato 700 euro? Quando inaugurerà il prossimo student hotel? Quando l’università esternalizzerà i nostri uffici ai coworking e dovremo pagare pure la scrivania per lavorare? La piantina, i poster, le foto nel mio ufficio, ha senso metterle, fare mio questo luogo? Dovrò traslocare domani? Non lo so, non so più niente ormai, non ho molto di chiaro su cui contare.

Il burnout fa parte della borsa? E chi mi paga la malattia? E la terapia? Ma anche la pazienza ha un limite. Quando scade la call? Quella conferenza che c’è a luglio: quando mi diranno se mi hanno accettata? Quanto ci mette il reviewer a revisionare il mio articolo? Lungarno è in fascia A? Perché una pubblicazione in più fa sempre comodo. Quando arriva la DIS-COLL? Quante molestie posso sopportare per un posto precario in università? A quanti decibel una voce non maschile può essere udita? Avrò dei figli? Avrò la maternità? Avrò la paternità? Sarò ancora fertile quando avrò un lavoro stabile? Sì, sono donna no non faccio l’umanista; sì, sono un uomo no non faccio lo scienziato. Questa è la nostra vita, racchiusa in una domanda: quando lavorerò per vivere e non vivrò per lavorare? E poi, quando lo farete anche voi? Un’ultima domanda, alla quale sappiamo rispondere. Quando si riunisce l’assemblea precaria? Ogni martedì, alle 18. Seguici su IG!