Prima dei social c’era una voce, la TV. Fra quest’ ultima ed i primi ci sono stati pochi anni in cui il mezzo catodico (ai tempi l’apparecchio non era un pezzo di plastica profondo pochi centimetri) vantava un contenitore fatto di musica e riflessioni che si chiamava “Brand New”. Trasmissione in onda su MTV Italia in nottata dal 1999 al 2010, dove il giovane Massimo Coppola (succeduto poi da altri conduttori come ad esempio Enrico Silvestrin o Alex Infascelli) arrivava, nel silenzio, parlando. Schermo verde, poltrona rossa, un canale asettico su una generazione. Un monologo fatto dal tuo amico intelligente un po’ storto di rum e pera (ai tempi esisteva questo strano utilizzo di liquidi), incrociato con HAL9000. Riflessioni, molte, e interviste a volte con band del momento, piglio disinvolto, dubbioso, ironico, talvolta non sense.
Se “Sgarbi quotidiani” di Vittorio Sgarbi era il contenitore della pancia italiana, se “Blob” era il sottofondo delle famiglie de sinistra prima di cena, “Brand New” era la buonanotte, fra un clip ed un altro, di una generazione che stava annusando il grande cambiamento con l’arrivo dei like e dei cuoricini.
Massimo Coppola ha deciso, dopo una carriera di editoria, cinema, scrittura di restituirci con “Brand New Brand” quell’esperienza dopo anni. Per noi, ex giovani fiorentini e non solo, impauriti dal Millennium Bug e dall’ 11 settembre, l’appuntamento è al Viper Theatre il 28 marzo. È quindi nostro dovere (e fonte di salvezza, e bla bla) parlarne con colui che si paventerà in carne ed ossa stavolta, per capire che stia succedendo.
Massimo, tu parli di “antireunion” e parli di “dissociazione dagli ultimi 25 anni”. In genere si dissociano i terroristi. Ci fai sapere cosa sta succedendo?
Ma quindi stai implicando che Brand New era un programma “terrorista” (ride)?! Vabbè, a me non piace la nostalgia: questa è una specie di festa, divertente e leggera con un po’ di autoironia ma anche incazzatura perché questi 25 anni alla fine non sono stati poi granché. Calcola che ci sono più guerre che ai tempi di Brand New… Il dissociarsi era una battuta: in Brand New effettivamente ero un alter ego televisivo, ero percepito come non reale ma poi, effettivamente ero io.
Dopo 25 anni hai trovato questa urgenza, in un periodo che vede fioccare reunion costanti. Non ti sembra strano?
Verissimo, ed infatti ne parlo! Non uso molto i social ma su Instagram ho postato tempo fa una possibile e ventilata “reunion” ed è scoppiata una bomba. Ma il nostro (gli autori sono quelli dei tempi TV) non è esattamente un “rifare”: più di una volta mi hanno chiesto di riprendere Brand New o Avere Vent’anni, ma questa è una cosa diversa. Non ho mai incontrato le persone, e questa cosa per la prima volta è molto emozionante.
Ma infatti è molto strano. Tu vieni da una “scatola verde con una poltrona rossa”, a Londra. La tua trasmissione era a mio avviso avanguardia, come lo è stata in TV “Odeon, tuttoq fa spettacolo” o “Fuori orario”, forse in parte grazie a Antonio Campo Dall’Orto, colui che ha inventato MTV Italia dei tempi: parlavi ai giovani del nuovo millennio con un linguaggio mai visto. A chi ti aspetti di parlare adesso?
Grazie dei paragoni. Beh, non ero a Londra ma a Milano. Sulla domanda, che ti devo dire: sono molto curioso di vedere come si vedono gli spettatori fra di loro. Tralasciando il vedere Massimo Coppola su un palco, la cosa interessante è vedere come una generazione si incontri: aspetto che scoppino grandi amori o formazioni di band post punk.
Sei tu il curioso quindi.
Tutti e due, io e il pubblico: siamo come i cani che si annusano.
Che foto fai di quel periodo in cui hai fatto Brand New?
Era la cosa più moderna che c’era: desiderati da tutti, un brand dominante nel mondo e guardandolo adesso quel prodotto era avanti per tantissime cose: in due parole, era la cosa più simile ad Internet prima di Internet. C’era grande divertimento e libertà, voglia di fare cose. Scriteriati. Io sono arrivato ad MTV Italia a circa 27 anni e Campo Dall’Orto ne aveva 35. MTV italia era una rarità, coi format originali: una case history unica.
Che rapporto hai ora con la TV?
Ahhhh, guarda ricordami cosa è… ma guarda che nevica a Milano.
Come nevica?
Si si, sta nevicando…
Per noi che siamo passati da quella generazione, il prodotto più simile al tuo è il podcast. A mio avviso sei stato un apripista: ti considero un po’ il nonno ad esempio di Matteo Bordone in “Tienimi Bordone” per tagli e considerazioni. Che rapporto hai coi podcast, come ne fruisci, e se hai qualche riferimento.
Non ho rapporti col podcast. Non mi interessa moltissimo, ci sono ovviamente delle eccezioni ma mi sembra una forma un po’ pigra di fruizione. Non vorrei parlarne molto. Siccome non puoi fare tutto in un giorno come leggere mezzo libro, uscire, fare l’amore, vedere un film… il podcast non è sostanzialmente nella mia dieta quotidiana. La verità è che non lo conosco bene. Poi del resto lo fanno tutti, e quando tutti fanno una cosa…
Vabbè quello anche il punk, ad una certa lo hanno fatto tutti.
…ahhhh, ok siamo già amici ok…
Tu facevi delle foto virtuali in Brand New, e ce le raccontavi. Farai la fotografia degli ultimi 25 anni o di adesso?
“No, non farò Brand New per i quarantenni. In realtà farò però una foto di chi vengo a vedere, di come son messi”
Alla fine chiediamo a te i soldi.
Eh ci sta (ride)
Fammi capire. Non vedi TV, i podcast non sono il tuo pane. Sul politicamente corretto come ti schieri? Tu eri nel lessico politicamente corretto ma nelle analisi forse no.
Ma guarda, io sono punk come attitudine. È un modo. Il politicamente corretto non mi riguarda, riguarda gli scorretti. Non ho bisogno che qualcuno mi dica come parlare perché so già come parlare: il linguaggio è una cosa molto preziosa, e non possiamo prescindere dalle capacità di una persona di usare il lessico, il contesto. Una parola non può essere vietata punto e basta, dipende da come la si usi. Poi ovviamente se ti dicessi che odio una religione è una questione, un problema, se ti dicessi che odio le melanzane un’altra. Ma la questione si pone su altri livelli.
Ci aspettiamo un AVERE 50 ANNI?
Per ora, senti, facciamo questo: nel caso faremo magari un “Avere 40 anni”. L’importante è dire cose contemporanee. Sempre. Nel mio “Brand New Brand” la cosa fondamentale è appunto l’attitudine. Sono passati 25 anni ma questo non è un passato superato, è esistente in tutti quanti noi e possiamo quindi ritrovarci in esso. E ci ritroveremo, magari stavolta, per fortuna senza telecomando.
Le parentesi dove rideva erano vere. Massimo Coppola ride, e ci piace. Ad averne oggi.
Passo e chiudo.
Massimo Coppola – New:brand:new – volume uno
venerdì 28 marzo, Viper Theatre, Firenze
Biglietti QUI