Le Api è uno spettacolo in tre quadri del collettivo teatrale Unanime, scritto da Fiammetta Perugi, che analizza il tema del lavoro da tre punti di vista: l’amore e le relazioni, lo sfruttamento, l’utopia. A intervallare ogni quadro, una voce fuori campo introduce e commenta le storie che vengono portate sulla scena. Danno corpo ai personaggi Teresa Flor Castellani, Ginevra De Donato e Loris Mucciarelli. «È nato da una sensazione di rabbia, da quando ho letto che il numero di morti sul lavoro odierno è uguale a quello degli anni Settanta», ci racconta la regista. «Volevo mettere in luce il fatto che, per molti aspetti, il mondo del lavoro odierno non è sostenibile. Per scrivere questo spettacolo ho letto molto, ad esempio Bauman, e ho visto molti documentari, soprattutto attingendo agli archivi Rai. I miei riferimenti teatrali sono Strehler, Brecht, Pinter, il teatro crudo e politico». Prima di portare in scena Le Api, la compagnia ha lavorato a uno spettacolo su Don Milani e a Radio Comedy Club, una serie di sketch sulla vita cittadina a Firenze. Questo spettacolo è nato nel 2023 nel contesto del percorso formativo Way del Laboratorio9 ed è stato portato in scena in diversi contesti, dalle scuole alle giornate di rivendicazione per la Festa dei Lavoratori. «Andare in scena per le scuole è interessante», ci dice Ginevra De Donato. «Mentre sei sul palco sembra che non ti ascoltino, ma poi ti rendi conto che sono molto recettivi. Il momento delle domande del pubblico rivela un’attenzione e una sensibilità al tema inaspettate». Elemento fondamentale dello spettacolo è la musica: l’alternarsi di generi differenti, che spaziano dalla trap alla techno, dalla bossa nova al musical, dialoga con le storie raccontate e con le relative ambientazioni. «Ogni quadro può essere interpretato anche come una serie di tracce musicali. Il lavoro su diversi generi ha anche l’obiettivo di parlare a pubblici differenti e intergenerazionali», spiega Teresa Flor Castellani.
Il lavoro della compagnia
Il fondamento del lavoro della compagnia è l’interazione costante e la fiducia reciproca tra chi recita. Il confronto è l’elemento che permette di costruire un dialogo che si alimenta sul palco e fuori. «L’elemento essenziale del nostro lavoro come collettivo teatrale è l’assenza di giudizio reciproco. Non ci sono gerarchie organizzative, la comunicazione non violenta è la base della costruzione dei nostri spettacoli», dice De Donato. «Per quanto riguarda il lavoro sulla scena, invece, cerchiamo di portare sul palco la rabbia per le condizioni lavorative e sociali di oggi. Personalmente mi aiuta pensare alla mia rabbia e a quello che provo. Vale anche per l’amore e i sentimenti, cerco di figurarmi spesso il modo in cui la precarietà influenza le relazioni». Aggiunge Castellani su questo argomento: «Nonostante siamo giovani abbiamo già una consapevolezza e un vissuto che ci permettono di lavorare su questi temi. Abbiamo vent’anni, ci avviciniamo al mondo del lavoro e sentire notizie o commenti costanti che riguardano competitività, sfruttamento e morte sul lavoro ci preoccupa. Crescendo ci approcceremo al testo sicuramente in modo diverso, ma è comunque uno spettacolo a cui si può lavorare in qualsiasi momento della vita».
Il lavoro culturale
Il lavoro culturale in Italia è di per sé lavoro precario. Mentre eravamo seduti al tavolo di un bar, sommersi dalla confusione di piatti e tazzine, ho dialogato con la compagnia delle implicazioni della precarietà culturale nel teatro. «A volte ci troviamo a fare le prove in contesti precari, in bar o luoghi confusionari. Dal caos nascono molte soluzioni sceniche dei nostri spettacoli». Lavorare come attore significa anche entrare in reti promiscue di contatti, scene culturali, giri di conoscenze proposte e incontri. «Ho ventidue anni, faccio la maschera in teatro oltre ad essere attrice, magari un giorno mi pentirò ma per ora stare in questo ambiente per me è divertentissimo», racconta Ginevra De Donato. «È un lavoro caotico, bisogna costantemente guardare ciò che fanno gli altri per lasciarsi ispirare e capire cosa è bello e cosa no. Noi come compagnia abbiamo un modo inusuale di lavorare, perché ci vediamo tutti i giorni e fare altri lavori per sopravvivere rende il processo molto complesso». Anche Loris Mucciarelli lavora, fa il cameriere mentre cerca di diventare attore professionista: «Non amo per niente il clima che c’è tra gli addetti i lavori, c’è molta competitività e arrivismo. Starci dentro a volte è necessario, è giusto farsi conoscere, ma senza entrare in dinamiche tossiche. Quello che deve contare, alla fine, è il valore artistico di quello che porti in scena. Andare troppo nella direzione del compromesso e dell’arrivismo può rovinare il lavoro stesso».
Lo stesso discorso vale per chi vuole fare regia e scrivere: «Collaboro con altre due compagnie e lavoro molto su commissione. Non sono molto a favore delle dinamiche che costringono chi vuole lavorare in questo settore a invischiarsi in rapporti interpersonali per “dovere”. Cerco di andare a vedere soltanto quello che mi interessa, è raro che vada a teatro perché “bisogna andare”. Sono dinamiche che esistono, non le ho mai vissute benissimo, ma d’altra parte cerco di riderci su. Lavorando con tante realtà diverse, il nostro obiettivo è di metterci in un atteggiamento non competitivo e non elemosinante. Bisogna cambiare il paradigma con cui si guarda a queste dinamiche».
Le Api andrà in scena domenica 10 novembre alle 16.30 al The Square alle Cure. Il costo del biglietto è di 12€ per l’intero, 10€ per il ridotto. Per info e prenotazioni si può scrivere alla mail [email protected] o telefonare al numero 3384790437.