La fine dell’estate, da quando abitiamo i feed di Instagram, non coincide soltanto con la fine delle nostre vacanze, ma anche di quelle di tutti i nostri contatti. È la fine di un insieme psicologicamente inquinante di caroselli, reel, immagini patinate che catturano istanti “unici e irripetibili” eppure riprodotti decine e decine di volte da persone differenti. Più contatti abbiamo, più possiamo notare dei pattern, renderci conto di quali sono le mete più gettonate dell’anno, di quale Paese è stato preso di mira – quest’anno mi sembra che Marocco, Albania e Croazia siano particolarmente in voga nella mia bolla, negli anni passati mi era capitato con il Salento e con la Sardegna, con l’Andalusia e con il sud della Francia. Mi pare di averle visitate io stesso, certe spiagge e certi scorci.
Settembre ci ha riservato le scorie di agosto, il mare delle zone più calde e ora meno costose, dove si può fare tranquillamente il bagno anche di mattina, anche nei posti dove fino a qualche decennio fa era impensabile. Osservare un fenomeno in una scala differente permette di cambiare la prospettiva con cui consideriamo le cose, relativizzare i nostri bisogni e guardarli con una lente più ampia. In un articolo di Lucia Tozzi uscito per Lucy, l’autrice dichiara in modo icastico che il buon turista non esiste. Tozzi suggerisce alə lettorə di scendere a patti con la propria natura di agente inquinante, di soggetto che impatta in maniera irreversibile sul luogo che decide di visitare, non in quanto singolo ma in quanto elemento di un sistema macroscopico di cui è inevitabilmente parte, che modifica la conformazione, gli stili di vita, l’urbanistica e l’economia dei luoghi che, tutt* insieme, prendiamo inconsapevolmente di mira.
Non dispiacerà a noi abitanti di Firenze avere le strade (un po’) meno intasate di persone che bevono l’espresso nei bar più fancy e mangiano tagliatelle e bistecche a orari improbabili, eppure avremo nostalgia della nostra settimana al sud. Che pensare, dunque, di noi stessə e di tutto questo? Possiamo semplicemente scendere a patti con un dato di fatto, nella consapevolezza che, anche se in misura minore, saremo sempre parte del problema; possiamo cercare di adottare, al livello individuale, una serie di pratiche che entrano in contrasto con gli aspetti più dannosi dell’economia del turismo (farci ospitare da qualcuno, non utilizzare mezzi di trasporto troppo impattanti, non frequentare luoghi presi di mira dalle logiche del profitto); possiamo infine – e questa è la mia idea – smarcarci dalla prospettiva atomizzante del turista come agente singolo, e guardare al turismo come fenomeno macro-economico e figlio di interessi che vanno oltre l’economia individuale. Come la singola persona veg(etari)ana non salverà la vita di milioni di animali sfruttati e uccisi, così il viaggiatore non salverà l’ambiente rimanendo a casa durante le ferie. Eppure, l’antispecismo è una pratica politica sacrosanta, eppure andare ai presidi contro AirBnB e Student Hotel è una lotta fondamentale per la salvaguardia di Firenze.
«A livello morale, ognuno troverà i compromessi con la propria coscienza. A livello politico chi desidera l’uguaglianza può felicemente combattere il turismo senza tema di essere equiparato agli ideologi dell’austerità. Chi non la desidera, almeno ci risparmiasse le penose retoriche del trickle-down», scrive Tozzi in conclusione del suo pezzo. Mentre leggerete il mio, starò verosimilmente attraversando una delle main avenue di New York per visitare un mio amico, sarò anche io un piccolo agente di questo macrosistema patogeno.