Qual sia il potere dei capelli è un mistero di cellule morte inanellate a spirale, che unisce mondo animale e umano, criniere ruggenti e ciuffi ribelli.

Rasare, tagliare o lasciare al corso della natura il flusso dei capelli è l’azione che definisce i termini di una rivoluzione, che rappresenta il primo atto di disobbedienza a quello che la società si aspetta dal cittadino pettinato e impomatato.

Perché abbiamo attribuito tale ruolo di potenza e identità va ad annidarsi in grovigli ancestrali, che non è facile snodare. Certo è che sono il primo oggetto di autolesionismo e vanità, protagonisti di punizioni autoinflitte quanto di ostentazione regale.

Baluardo di forza e libertà, si sono attestati come estensione spazio-corporale che stabilisce i nostri limiti di ingombro fisico e spirituale nel mondo, sempre i primi in lista a essere proni a revisioni esistenziali e giudizi altrui mai richiesti.

C’è una storia di capelli femminili tagliati che, come in una dimensione parallela a quella odierna un po’ più a est di dove sorge il nostro sole dal piazzale, ci porta nel cruento rinascimento italiano ma che di sanguinario – almeno in questo caso – aveva solo il rosso del ragù.

E di giudizi altrui ne sapeva qualcosa Lucrezia Borgia (1480-1519) la cui abilità di stratega è stata oltraggiata e insabbiata da secoli di stratificazioni patriarcali, arrivando ad essere accusata di incesto e infanticidio.

Ma noi vogliamo ricordarla per la ricetta che le fu dedicata in occasione delle sue nozze con il Duca di Ferrara nel 1487 in Romagna. Fiotti di ragù alla bolognese irroravano nidi di bionde tagliatelle, serviti a celebrare la chioma dorata di una donna che di libertà non fu mai sazia.