Il dialogo sollevato da manifestazioni come il Festival di Cinema e Donne è in questo momento di un’urgenza che lo rende necessario. Dopo un anno di stop ritorna l’appuntamento che racconta la contemporaneità dell’impegno e della forza delle donne attraverso il cinema, intitolato in questa edizione I mille volti della violenza.

Preceduto dall’evento dello scorso settembre durante il quale è stato consegnato il Sigillo della Pace a Agnieszka Holland e ad Aïssa Maïga, la 43esima edizione del Festival si svolgerà dal 25 al 27 novembre tra La Compagnia, il Deutsches Institut e l’Institut français.

“La nostra prima giornata sarà al Deutsches Institut, nostro partner storico” racconta Paola Paoli, insieme a Maresa D’Arcangelo alla direzione del Festival. “Con il Deutsches Institut ci occuperemo delle loro scuole di cinema collegandoci in video conferenza con un Istituto di Colonia con cui parleremo di formazione. Alla Compagnia sarà proiettato Pokot di Agnieszka Holland: un po’ animalista, un po’ horror, tratto dal romanzo della scrittrice premio nobel Olga Tokarczuk. Il 24 con l’Istituto Francese presenteremo Regard Noir dell’attrice e regista francese Aïssa Maïga: un documentario che approfondisce la figura dell’attrice, di colore in questo caso, nella società e nell’industria cinematografica attraverso delle interviste che mostrano prese di posizioni ottimiste e resilienti. La nostra riflessione sul ruolo delle interpreti va avanti da molto tempo. In passato alle attrici era chiesto di avere un bell’aspetto e non troppe opinioni. Oggi, dopo molti anni loro vogliono giustamente parlare ed essere ascoltate”.

Questi e molti altri gli appuntamenti per l’edizione 2022 del Festival ma, tornando indietro al 2021 (che ha visto trionfare a Cannes Julia Ducournau e a Venezia Audrey Diwan) e alla rinuncia ad andare in scena, ci sono delle riflessioni.

Questa edizione arriva dopo un periodo di forte crisi” spiega Maresa D’Arcangelo “Avevamo lavorato molto al Festival dello scorso anno, ma proprio perché in un momento determinante della storia delle donne nel cinema, con i pochi mezzi che avevamo a disposizione non ce la avremmo fatta a mettere in piedi una manifestazione ampia e soddisfacente su questi che sono i temi che ci stanno più a cuore, abbiamo deciso quindi di prendere del tempo per riflettere e abbiamo constatato, con enorme gioia, una mobilitazione enorme in nostro favore da parte di istituzioni e privati. Questo ha fatto sì che comprendessimo meglio il nostro rapporto con la città e il territorio. Parte di questa riflessione è diventata il motore con cui far partire questo nuovo capitolo, anzitutto ponendo proprio il quesito sul significato di mettere in piedi, oggi, un Festival di Cinema e Donne in una società dove le registe che arrivano ad affermarsi sono poche (pensiamo ai riconoscimenti tardivi a Lina Wertmuller o a quelli, incresciosamente ancora non tributati, a Liliana Cavani). Nel mondo attualmente ci sono circa un centinaio di manifestazioni come la nostra, principalmente tra Europa e Stati Uniti. Abbiamo quindi chiesto uno scambio di idee e materiali con le nostre colleghe che in alcuni casi saranno presenti fisicamente, in altri si collegheranno con noi per discutere sulle intenzioni ma anche sulle problematiche di noi tutte.”