5 Novembre 2002. Tutte le saracinesche sono abbassate. Oriana Fallaci ha invitato i fiorentini a chiudersi in casa. La città è in allarme, aleggia la paura. Pare stia arrivando l’apocalisse: o peggio, un’altra Genova. Da piazza Santa Croce vengono tolte le panchine. Anche la pietra potrebbe diventare un’arma nelle mani dei manifestanti.
10 novembre 2002. Il primo Social Forum Europeo è passato ed è stato un successo di proporzioni impreviste. “Colpì per la partecipazione e per il carattere totalmente pacifico”, ricorda Severino Saccardi, direttore di “Testimonianze”, la rivista che, fondata da Ernesto Balducci, dal ‘58 promuove riflessioni su temi del dialogo tra culture, dei diritti, della pace.
Oggi sono passati 20 anni da quell’evento che trasformò Firenze nella capitale di un mondo eterogeneo, alternativo, che teneva insieme giovani, movimenti radicali, associazioni di base, ambientalisti, minoranze, organizzazioni di sinistra, cristiano-sociali. Lo stesso mondo che 15 mesi prima era uscito ferito dal G8 di Genova. “Ricordo che Martini, presidente della Regione, fece una scommessa. Rischiosa, senz’altro, ma alla fine vincente. Volle il Social Forum, nonostante le preoccupazioni. E tutte le istituzioni, compreso il Comune di Firenze, lavorarono affinché fosse all’insegna della nonviolenza. Fui coinvolto insieme anche al grande Tom Benetollo per un convegno preparatorio che si svolse pochi giorni prima, significativamente, a Santa Fiora, terra natale di Balducci. Doveva essere chiaro che il Forum di Firenze doveva ispirarsi a valori di pace, giustizia sociale, globalizzazione dei diritti. Fu la premessa di quel che poi accadde”.
Successe che oltre mezzo milione di persone – ma i numeri generano divisioni: 450mila secondo le forze dell’ordine, più di 750mila per gli organizzatori – attraversò la città, si radunò alla Fortezza da Basso, partecipò a convegni e incontri, sfilò il sabato per la via di Firenze. Un corteo infinito e pacifico. “Ci fu una saldatura tra i movimenti, tra chi veniva da fuori, tra le istituzioni e i sindacati. Una convergenza tra l’anima istituzionale e i movimenti spontanei. C’era una grande voglia di discutere e di capire. Fu una festa per la città”, ricorda ancora Saccardi. Il Social Forum di Firenze fu la dimostrazione che tra “ordine occidentale” e scontro potevano esistere delle alternative. Un punto di partenza per sperare in un futuro più giusto. Sembrava l’inizio di qualcosa, e invece tutto finì. Quella partecipazione, con quelle proporzioni, non si è più rivista. “Al di là dei generosi slanci, degli slogan incendiari e degli ideali, il mondo offre una realtà che non si presta a essere modificata facilmente. Nonostante un dibattito profondo e fecondo, nonostante tra le sfumature vi fosse un’unità di fondo”. E allora perché è finito tutto? Forse quel caso irripetibile è scaturito – fuor di retorica – da un’anima particolare (e a volte sommersa) di Firenze. Sociale, con spirito democratico, con tradizione di impegno civile e di condivisione di esperienze con matrici diverse. Forse fu la città, nonostante la paura, a favorire quell’irripetuto fermento e quella coesione.
“Ma non c’è dubbio”, considera Saccardi, “che quei temi, sebbene sottotraccia, siano sempre all’ordine del giorno. Certe battaglie non sono andate perse. Nonostante la dispersione, certi argomenti possiamo affrontarli in modo più maturo. Non si tratta di ribaltare il mondo, ma guardarlo così com’è e trasformarlo in modo più umano, equo e civile. Temi come la sostenibilità e il rispetto per le minoranze sono entrati nelle nostre vite. Non credo sia tutto perso”.
Giustizia economico sociale, ambiente e diritti fanno parte del vocabolario quotidiano. Sembravano le parole d’ordine degli estremisti, oggi si sono istituzionalizzate, entrando in modo più o meno credibile nella politica, nelle aziende, ovunque. “Credo che un problema sia che ancora diritti civili e diritti sociali non vengono combinati. Andrebbero curati comunemente”, commenta Saccardi. Le centinaia di migliaia di voci che animarono Firenze sono disperse in mille rivoli. Sono passati 20 anni, il mondo ha conosciuto nuove tecnologie, nuove speranze e nuove emergenze. “Ma quell’esperienza e quella tradizione non si è esaurita del tutto. Come un fenomeno carsico, sotterraneo, che ancora pulsa. Qualcosa ha sedimentato, qualcosa ha fruttificato. Altre cose arriveranno”.