Una frittata, una meraviglia” cantano gli Ex Otago in “Questa Notte”, per esprimere massima ammirazione verso il proprio oggetto dei desideri.

Elemento neorealista nel film “I Girasoli” (Vittorio De Sica, 1970), dove la frittata non viene mai girata, come suggerisce l’Artusi, a ricordarci che nel gergo italiano la parola frittata occupa un posto triste e malfidato. Contraddistingue i manipolatori, quelli che a costo di non smentirsi, non apparire sconfitti in una discussione, la “girano”, per far sembrare una realtà secondo la loro convenienza. Non da meno “fare la frittata” è sinonimo di aver combinato qualcosa di irreparabile, come lo è rinchiudere un uovo in un guscio ormai distrutto. Espressione ricorrente di mia madre quando ho scampato un disastro che mi avrebbe impedito di compiere una mission (“poi con l’uovo la fai la frittata”). Non se la cava meglio a livello di fiducia nazional popolare. Covo dove si annidano gli avanzi più remoti del frigo, nel tuffo libero al buffet dell’aperitivo, sai il rischio che corri se ti butti sulla frittata, che non sai mai cosa ci mettono. Frittata, what’s wrong with you?

Eppure, mentre a Proust l’aroma di cianuro delle Madeleines apriva al più dolce dei ricordi, di frittata e scricchiolio di stagnole erano le nostre adolescenze di gite in pullman, sempre girati indietro sul sedile. Monito a focalizzarsi sul presente, quando la mia coinquilina francese mi raccontava la storia di Martine che andava al mercato per comprare le uova tornando a casa, pensava ai pulcini che sarebbero nati, che sarebbero diventati grandi e che l’avrebbero aperta ad un roseo business di uova, che le avrebbe permesso di comprarsi una casa bellissima, una macchina fiammante con una famiglia splendente. E nel sognare scenari arcobalenosi ad occhi aperti, ruppe tutte le uova. Non è lecito sapere se da quel disastro nacque davvero una frittata, ma resta il fatto che la frittata è come la spina di rose che lasci nel Supersantos che hai appena bucato, la metafora del saper mettere una toppa soffice al presente sfasciato, anche se ti ha già un po’ scassato pure il futuro.