di Tommaso Ciuffoletti
Per caso, per lavoro o perché son ricco di famiglia, ma di ristoranti ne ho sempre girati parecchi e col tempo ho pure iniziato a trovare la cosa interessante e a far caso, oltre ai piatti, a tutte quelle cose che un giorno rischieranno di farmi finire a guardare in tv programmi di cucina e giudizi sul lavoro altrui.
Di ristoranti dove ti accolgono e ti curano come Sabatino non me ne vengono in mente. E ti accolgono e ti curano per farti entrare in un sogno romantico senza pari. Perché ci sono quelli che devono spendere ore di parole in trasmissioni dedicate a chef venduti come filosofi, per raccontare che loro vogliono farti vivere un’esperienza, che quando vai al loro ristorante devi sognare. Ecco io quando vado da Sabatino sogno e nessuno mi ha chiesto di farlo. Godo del luogo e di come mi ci sento dentro. Dei tavoli coi vicini e dell’idea che magari al mio tavolo c’era seduto prima il mio vicino di casa, l’Uomo Tigre, Malcolm X o la Regina d’Inghilterra. E non lo so se qualcuno di loro c’è stato davvero a mangiare da Sabatino, ma personalmente lo trovo del tutto plausibile. E infine godo della cucina e senza tanti giri il prosciutto al forno con patate arrosto se la gioca con chiunque.
Giù il cappello per Sabatino e per colei che per prima vi accoglie e che Sabatino ha raccontato anche in un libro: Ilaria Buccioni. Se un personaggio devo scegliere, per le regole della rubrica, scelgo lei, ma questo ritratto è dedicato a tutta la sua famiglia e a tutti coloro che a Sabatino lavorano e hanno lavorato.