di Tommaso Ciuffoletti

Fabio di giorno faceva l’elettricista, Fabian di notte faceva l’elettrosciamano. Ma questa non è una storia di doppie identità, supereroi e superpoteri. Questa è una storia di serena umanità e libertà espressiva senza ansie o eccessi.

Ed è tanto più bella perché Fabian era di norma in compagnia di (ex) fanciulle e fanciulli, epicentro in piazza Santo Spirito, con una mai sopita passione adolescenziale nell’ostentare un sè immaginato a metà tra un baudelairiano spleen e un iperstimolato esibizionismo.

Va bene tutto e tutto va sempre bene, ma certo che, in un contesto del genere, vedere un Fabian in mise metallizzata, elmo in ciuffo di fibra ottica, occhiali fluo e movenze sinuose, beh … poteva farti immaginare che vi fosse anche in lui dell’eccesso e la relativa fatica.

E invece no. Fabian era sobrio esattamente com’era. Era sereno esattamente com’era. Era affettuoso, curioso, pacifico esattamente com’era.

Diceva – se non ricordo male – che una volta aveva preso la scossa e che da allora aveva modo di parlare con gli alieni o di sentirli. O forse davvero sono io che ricordo male, ma in ogni caso, anche questo, era del tutto, perfettamente sereno.

Quel tipo di persona bella e libera che rendeva più liberi anche gli altri.

Quando è morto, l’ottobre del 2019, non l’ho nemmeno saputo. L’ho saputo solo pochi giorni fa, per un caso. E mi è dispiaciuto profondamente.