“Livorno ci vede, ci vede con gli occhi, incendio a bordo!” urlavano dalla plancia di comando della petroliera Agip Abruzzo dopo la collisione con il traghetto Moby Prince il 10 aprile 1991. Nessuno però arrivò mai in soccorso del traghetto e delle 141 persone a bordo solo il mozzo, Alessio Bertrand, è riuscito a salvarsi. A distanza di trent’anni la nebbia che non c’era quel giorno, che per anni è servita a giustificare il più grave incidente della marina mercantile italiana dal dopoguerra a oggi, si è avviluppata nel suo abbraccio mortale attorno alla verità sulle cause della strage. La commissione d’inchiesta parlamentare costituitasi nel 2015 ha solo accertato che “la vita a bordo non si è esaurita in mezz’ora”.
L’associazione Effetto Collaterale, assieme al collettivo artistico Uovo alla Pop, hanno così deciso di indire una call di arte pubblica per realizzare 140 manifesti con i nomi delle vittime.
Una chiamata alla cittadinanza aperta a chiunque, perché il disastro Moby Prince riguarda tutti, anche chi, come Attilio Zavatta, fotografo freelance e referente di Effetto Collaterale, il 10 aprile 1991 aveva appena un anno: “Ci riguarda perché quella notte ognuno di noi poteva essere sul traghetto e se non capiamo cosa è accaduto, potrebbe accadere di nuovo. All’iniziativa 140×140 hanno partecipato una grande varietà di persone: dagli studenti di un liceo artistico ai ragazzi con disabilità di un centro diurno, da mamme con i loro bambini a insegnanti e impiegati, da giovani creativi a commercianti. Grazie a un piccolo kit di istruzioni, i partecipanti hanno realizzato, con le proprie mani, un manifesto artistico con il nome e l’età delle persone che hanno perso la vita quella notte di trent’anni fa”.
L’associazione ha inoltre realizzato un catalogo fotografico dal titolo “Oggetti di una strage” che contiene foto di ciò che le fiamme di quella notte non sono riuscite a inghiottire. Molte iniziative seguiranno in tutto il mese di maggio in una Livorno tappezzata di manifesti con nomi e cognomi che urla a tutti il dolore di chi vuole giustizia.