Racconti fiorentini con la scusa di un libro
di Carlo Benedetti
– Immagina che, quando ero giovane, si poteva viaggiare dove si voleva.
– Anche a Scandicci Nova?
– Scandicci Nova? Certo, ma anche Roma, o Istanbul o perfino Tokyo.
– E che posti sarebbero?
– Come faccio a spiegarti: Tokyo è un posto che te prendi la Faentina, arrivi a Ravenna, attraversi l’Adriatico, poi i Balcani, poi il Mar Nero, poi il Mar Caspio, poi il deserto del Gobi, poi la Mongolia e sei in Corea. Da li fai duecento chilometri di mare e entri in Giappone. Giri a sinistra e sei arrivato.
Guardavamo il Ponte Molto Vecchio e i polli nelle botteghe appese sull’Arno mentre il sole tramontava. Mio nipote rideva, non credeva a quasi nulla di quello che gli raccontavo.
– E Tokyo era bellissima, ci sono stato: c’erano templi e feste e tutti si inchinavano. Adoravano i fiori, erano ossessionati da quelli di ciliegio rosa. E mangiavano, mangiavano sempre.
La fila scorreva lenta, ma non avevamo altro da fare. A me piaceva soprattutto quando ci fermavamo alla bocca degli Uffizi: osservavo le giovani coppie che riempivano le case popolari di bambini, due o sfratto. A meno che tu non fossi musulmano o comunista, allora ti pagavano per non avere figli.
– E poi c’erano i giapponesi che venivano qua: a studiare, a dipingere, a vedere… – come la chiamavamo? – tutte le cose belle, insomma. Tutte le cose che fanno pensare.
Le parole di prima iniziavano a farsi sfuggenti. Era così diverso.
La fila proseguiva sul Lungarno, oltre Ponte Molto Vecchio, Ponte Sàntrini, e poi spariva in via Tornabuoni.
– Dici che oggi ci tocca? – mi chiedeva mio nipote quando iniziava a fare buio.
– Chi lo sa, tesoro mio?
A volte avevamo visto l’insegna che lampeggiava, una volta così vicino che riuscivo a leggerla senza occhiali.
– Magari stasera a casa ti preparo un sushi, ti va?
– E cos’è il sushi?
Laura Imai Messina, Tokyo tutto l’anno. Viaggio sentimentale nella grande metropoli, Einaudi, 2020 – 19,00€