Nei mesi scorsi mi è capitato, durante una cena in un ristorante amato più che dal cliente dal ristoratore, di assistere a una curiosa lettura del menù da parte di quest’ultimo. Il “senza” era la parola ricorrente, la miglioria.

L’esclusione di qualcosa, anche abbastanza importante (tipo la pasta al burro senza burro), era la migliore bandiera: miracoli della cucina di oggi, la stessa che per esempio “destruttura e scompone” i piatti per fare sostanzialmente prima.

Lo stesso modus di lettura applicato da un fiorentino sul cibo primo della tavola, il pane, diventa qualcosa di socialmente apocalittico. Ma veniamo a illustrare il fenomeno che per comodità chiameremo “LA GRANDE TRUFFA DEL PANE SENZA SALE”.

Partiamo dal presupposto che il sale nel pane ESISTE e non è questione di letture: son 4 ingredienti numerati, che si completano. A Firenze tutto questo non esiste, a Firenze si fa il pane senza sale. Perché? Si sprecano le spiegazioni, sia storiche, citando i dazi sul sale dei secoli scorsi, che gastronomiche, arrampicandosi sugli specchi con “la sapidità del piatto fiorentino”.  

Ovviamente il finale su questa curiosa tradizione sta nell’orgoglio fiorentino che qualifica la propria pagnotta come “la migliore d’Italia”. Per il cittadino di Firenze il miglior pane è quello sciapo. Può cacciare brutte occhiate quando qualcuno compera una bozza pugliese, dare sguardi strani quando si trova davanti il panino ferrarese (che  un pane fatto solo di briciole, è pura ansia). Mai e poi mai troverete qualcuno che a Firenze voglia il sale nel pane. Lo stesso sale che viene poi messo a chili nella schiacciata.

Non abbiamo altre letture sulla questione, sappiamo solo che a Firenze anche togliere un ingrediente diventa virtù. Orgoglio senza sale.