Ho provato anche io a cambiare casa, più per curiosità che per necessità. Per fortuna. La casa è piccola e non è mia, per cui ogni tanto è bene guardarsi in giro, ma il contratto è eccezionale di questi tempi, il proprietario serio, la posizione stupenda. E comunque l’affitto lo pago regolarmente, anche se talvolta rincorro il mese. Come molti mi sono iscritto ai gruppi su Facebook, siti vari, ho scritto a conoscenti e amici. Non avevo troppo entusiasmo, questo è vero. Ma al di là del fatto che mi dia un po’ noia cacciare quattro mensilità tra caparra e agenzia prima ancora di entrare, mi sono sentito preso in giro per prezzi e qualità in 4 casi su 5.
Casa, casae. Quanto ne abbiamo parlato e soprattutto ne dovremo ancora parlare? Il mercato delle locazioni sarà un po’ cambiato, ma non così tanto, i canoni sono scesi (leggermente) ma si fa molta fatica a risolvere contratti più lunghi di 18 mesi. Gli imprenditori del mordi e fuggi, cioè i gestori di AirBnB in conto terzi, attraversano ancora una crisi che fa rimpiangere i tempi delle vacche grasse e ne acclamano il ritorno quanto prima; forse a fronte di 730 piuttosto indigesti, chissà.
Poi ci sono gli immancabili quarti piani senza ascensore, gli ampi e luminosi spazi con mezza finestra su uno scannatoio a piano terra, i terrazzi rari come neve all’Equatore, spese condominiali prive di logica, ecc. Vediamo come butta settembre. Eppure l‘importanza del verbo abitare la si trae anche dalle prime due lettere che la compongono: A, B. Le prime due dell’alfabeto, che lo stesso vuol dire A, B.
L’abitare, le sue forme, le persone che abitano e quelle che permettono di abitare (cioè i padroni di casa), sono il capo di un discorso in fieri gigantesco, che si spera trovi una coda, o almeno a un senso. E chi la casa non ce l’ha? A che punto siamo con i tanti progetti di co-housing e social housing a fronte di una quantità sempre esuberante di grossi patrimoni immobiliari vuoti in mano a pochi? Un discorso che questo articolo né il suo autore possono affrontare, ma che in questo “dopo” dovremo affrontare un po’ tutti. Troppo, troppo, troppo materiale.