CORIKY “Coriky”
Dischord
In uno dei migliori momenti di Mad Men, Don Draper, il protagonista della serie di culto, per preparare la campagna pubblicitaria di un prodotto legato alla fotografia, regala una bella descrizione del termine nostalgia, emozione raccontata come delicata ma potente e uno struggimento del cuore di gran lunga più potente del ricordo. I Coriky sono una band composta da Joe Lally, Ian Mckaye – entrambi nei Fugazi – e Amy Farina (ex-Warmers) e sorella di Geoff dei Karate. Il giro è quello di Washington D.C. ed è legato indissolubilmente al lavoro della Dischord, etichetta indipendente in tutti i sensi e uno dei principali nuclei della scena punk-hardcore internazionale. La nostalgia si riallaccia a un paio di concerti che i Fugazi tennero al CPA di Firenze, uno nel ’95, l’altro nel ’99. Una cosa delicata, ma potente. Appunto. Il discorso nostalgia finisce comunque qui, perché non ce n’è, nei Coriky. Ovviamente c’è un suono riconoscibile sin da subito, quando le voci si accavallano è un qualcosa da brividi, ma c’è la voglia di cercare nuove vie, spesso trovandole. Rimane quell’approccio nervoso, post-core nudo e crudo, seppur con momenti melodici, jazzati e quasi folk. Un lavoro atteso da molto tempo – erano intanto usciti un paio di singoli – e da molti fan. No, nei Coriky non c’è spazio per la nostalgia e per quelle due serate, ma in noi sì, perché uno struggimento del cuore di gran lunga più potente del ricordo.

MOURNING [A] BLKSTAR “The Cycle
Don Giovanni
Ci sono dei dischi che, usciti in un determinato periodo storico, acquistano una nuova importanza. Al di là del fatto che “The Cycle”, il nuovo album degli A Mourning [A] BLKstar sia uno dei dischi dell’anno a prescindere, la sua uscita in questi giorni più complicati del solito per la comunità afro-americana, lo rende ancor più potente e destabilizzante. Formatisi nel 2015 a Cleveland, Mourning [A] BLKstar è un collettivo di musicisti e scrittori multiculturale e multirazziale alla ricerca di nuovi percorsi, linguaggi ed espressioni verso la musica del cuore, fondendo, soul, blues, hip hop, jazz, elettronica e spoken word. “The Cycle” è il loro quarto disco e, come in occasione dei tre predecessori e qui ci riallacciamo all’importanza del momento storico, è una nuova denuncia aspra e cruda della società americana. Ne è esempio l’introduzione a metà disco di ‘Devil Get Behind Me’ con la voce di Fred Hampton, l’attivista del Black Panther Party ucciso dall’FBI nel 1969 mentre grida del razzismo come scusa usata per il capitalismo. L’attualità di quell’affermazione è nell’uscita di “The Cycle”, un doppio LP – bellissima anche l’edizione fisica – contenente 20 brani (due in più rispetto al digitale) entusiasmanti nella loro miscela cosmic-jazz, neo-soul, r’n’b e hip hop. Un ciclo di canzoni che raccoglie l’eredità di James Baldwin.

BUILT TO SPILL “Built to Spill Plays the Songs of Daniel Johnston”
Ernest Jenning Record Co.
Sono passati oltre 25 anni da quando i Built to Spill di Doug Martsch resero indimenticabile un gioiello di Daniel Johnston rileggendo la sua ‘Some Things Last a Long Time’, brano voce e piano nella sua versione originale e acid-psych-rock dopo il trattamento di Doug. Qualche anno fa, invece, l’agente di Daniel Johnston entrò in contatto con lo stesso Doug chiedendo a lui e ai suoi Built to Spill se andasse di ricoprire il ruolo di backing band di Johnston in occasione di quello che, poi, purtroppo, si è rivelato il suo ultimo tour. Questo “Built to Spill Plays the Songs of Daniel Johnston” nasce in occasione delle prove di quel tour e vede Doug accompagnato dagli ultimi compagni di avventura, ovvero Steve Gere alla batteria e Jason Albertini al basso. Costruite quindi per accompagnare Johnston dal vivo, le canzoni in questo caso non hanno subito modifiche sostanziali come accadde per ‘Some Things Last a Long Time’, ma filano via fragili, scarne e dolci come le loro versioni originali. Si poteva osare qualcosa in più? Può darsi, ma sarebbe stata un’altra cosa e non quel ricordo. Non quei momenti in attesa di accompagnare un vecchio amico in tour e per il quale avevi fatto di tutto per metterlo a proprio agio, perché quella era la parte più delicata. E poi è sempre commovente sentire ‘Bloody Rainbow’, ‘Queenie the Dog’ e ‘Impossible Love’. 

FRASTUONI SU SPOTIFY

La playlist di Frastuoni è su Spotify. Aggiornata settimanalmente, contiene una selezione dei migliori brani sia italiani che internazionali, in linea con i gusti della rubrica. In copertina Coriky.

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