di Camilla Guidi
Nello scenario del “turismo di prossimità” che ci viene prospettato, si inserisce la felice opportunità di scoprire luoghi magnifici e poco conosciuti del nostro territorio, meglio ancora se in prossimità del mare. In Maremma, ad esempio, ci sono siti archeologici, borghi marinari, città del tufo, abbazie, castelli, parchi e riserve naturali.
Alcune mete sono ormai conosciute e acclamate, molte altre ancora ignote. E poi ci sono posti pressoché dimenticati. Nell’odierno territorio di Ischia di Castro, per esempio, c’è un luogo in cui il tempo si è improvvisamente fermato. Per raccontare la storia della città di Castro è necessario tornare indietro nel tempo fino al 1534, quando il cardinale Alessandro Farnese fu eletto Papa col nome di Paolo III e volle riunire i possedimenti della sua famiglia sotto un grande ducato di cui Castro divenne capitale.
La famiglia Farnese pretese per la città una ricostruzione urbanistica in grande stile – un po’ come aveva voluto Pio II col borgo natale Corsignano, che aveva trasformato in quella città ideale che oggi conosciamo col nome di Pienza – e si affidarono all’architetto Antonio da Sangallo. L’antico insediamento assunse le forme di una maestosa città rinascimentale: venne costruita una Piazza Maggiore con una fontana, palazzi cittadini e della Zecca e grandi mura difensive con un ingresso a un arco trionfale. Inoltre la città poteva vantare strade e piazze mattonate, privilegio assai raro all’epoca. Nel 1649 a causa di un forte scontro fra i Farnese e lo Stato Pontificio, le truppe papali di Innocenzo X invasero il ducato e rasero al suolo la città di Castro, distruggendo tutti gli edifici e le opere d’arte e deportando i suoi abitanti. Su quel colle di tufo fu posta una lapide con scritto “Qui fu Castro”. Oggi di questa maestosa città rinascimentale, un tempo simbolo della grandezza dei Farnese, rimangono solo alcune rovine ormai inglobate dal bosco circostante insieme al forte fascino di un luogo abbandonato, ma che fu grandioso.