Arte e cibo: a Firenze l’economia ruota da sempre attorno a questi due settori. Se il turista arriva dall’altra parte del mondo in città è per rifarsi gli occhi davanti a capolavori e monumenti del Rinascimento e per gustare bistecca alla fiorentina e un buon bicchiere di Chianti. L’emergenza Covid-19 e il conseguente lockdown hanno messo al tappeto un giro d’affari da quasi 4 miliardi, il 7 per cento del Pil.
Ogni anno in città arrivano più di 20 milioni di visitatori senza contare poi chi per studio trascorre periodi medio-lunghi a Firenze. Oggi che turisti e studenti non ci sono, il centro appare svuotato e gli esercizi pubblici non sanno che pesci prendere. Nel settore della ristorazione le richieste di cassa integrazione sono oltre il 90 per cento, il 30 per cento dei contratti a tempo determinato non è stato rinnovato. Solo in centro sono a casa almeno 7mila dipendenti tra ristoranti, bar e alberghi. I Ristoratori Toscani si sono uniti insieme in gruppo per avanzare le loro rivendicazioni in termini di sgravi fiscali e occupazione di suolo pubblico.
Nelle ultime settimane hanno fatto sentire la loro voce anche con una serie di manifestazioni e flash mob: dall’iniziativa Risorgiamo Italia alla consegna simbolica delle chiavi delle attività al sindaco di Firenze, Dario Nardella. Molti ristoranti, anche stellati, sono ricorsi alla formula dei dining bond: in pratica acquisti oggi una cena a prezzo scontato da consumare nei prossimi mesi. Un modo concreto per sostenere il comparto.
Difficile immaginare gli scenari futuri: nel breve-medio periodo andrà ripensato il mondo della ristorazione a Firenze. Meno trattorie acchiappaturisti e stop al mangificio in tante vie del centro per riscoprire una ristorazione tradizionale autenticamente genuina e a misura di fiorentini e di turisti italiani. Una vera incognita l’avvenire per i ristoranti top che dovranno trovare il giusto equilibrio tra taglio dei tavoli per il distanziamento sociale e assenza dei turisti stranieri.