di Daniele Pasquini
A pochi mesi dalle elezioni Regionali, nel pieno del toto-nomi e dei pronostici politici, vien facile buttare un occhio verso i confini. Perché se il destino dell’Emilia-Romagna a fine mese sarà noto, tutti hanno in mente quel che è successo in Umbria, dove dopo cinquant’anni il potere ha improvvisamente cambiato colore. E allora, proprio guardando ai margini del Granducato, viene in mente una storia curiosa. Che sa di frontiera, e che parla di improbabili governi e di libertà.
La vicenda ebbe inizio quasi seicento anni fa, ai tempi di Cosimo il Vecchio. Il Papa aveva chiesto ai fiorentini un prestito di 25.000 fiorini: nessun problema per la famiglia Medici, ma in cambio del denaro servivano garanzie. Eugenio IV lasciò così in pegno il borgo di Sansepolcro per 10 anni. Nel 1441, allo scadere dei patti, lo stato Vaticano non aveva ripagato il debito e quel paese in Valtiberina fu ceduto ufficialmente a Firenze. Nel sancire il passaggio di proprietà, le parti stabilirono che il nuovo confine tra i regni fosse fissato al torrente Rio, un piccolo affluente del Tevere. Il caso volle che dal medesimo monte di ruscelli ne scendessero due, omonimi, sostanzialmente paralleli. Ignorando il fatto, la delegazione medicea si fermò a nord del primo “Rio”, e quella papale a sud del secondo. Tralasciando per sbaglio una striscia di territorio di 330 ettari, larga tra poco più di 500 metri e lunga qualche chilometro. Lì sorgeva un borgo di 100 famiglie chiamato Cospaia. Così, per errore, quel territorio si ritrovò senza sovrani e si proclamò stato libero.
La Repubblica di Cospaia contava 350 contadini analfabeti, più un curato che sapeva leggere e scrivere e che poteva badare alla corrispondenza coi vicini. Una breve parentesi? Macché, i cospaiesi – senza governo e tasse, giusto con qualche consiglio di famiglia – si mantennero indipendenti per 4 secoli. Non proprio come l’avrebbero immaginata Thomas Moore o Fourier, la Repubblica prosperò con l’arrivo del tabacco: bandito dai vicini regnanti, i cospaiesi lo coltivarono nel loro territorio franco, ottenendo un certo benessere. Attirarono qualche contrabbandiere, certo, ma non se la passarono male.
La storia di Cospaia si esaurì senza tragedie nel 1826, quando senza colpo ferire fu riassorbita dallo Stato Vaticano. Oggi non è più della Chiesa, non è più dei fiorentini, non è più indipendente e fa mestamente parte del territorio comunale di San Giustino, poco oltre il confine amministrativo della Regione Toscana. Nata per errore, la libertà di Cospaia è tramontata così, come quando si rientra da una bella vacanza: si sapeva fin dall’inizio che a un certo punto sarebbe finita. Ma ci siamo divertiti, no?