È da un paio di giorni che me lo domando, dico: sardine sì, sardine no?

“Mi si nota di più se vado e me ne sto in disparte… o se non vado per niente?”.

Libera citazione.

Ideali, ripensamenti, eh, ma i No Global? Ma poi questa storia di rimanere comunque “inscatolati” da qualche parte? Eh, ma il pensiero unico?

Boh, finisco sempre per fluttuare su lidi pallidi, mi ripeto però che le piazze non sono mai abbastanza gremite: sabato scorso stavamo su Ponte Vespucci, era una giornata claudicante, tutti contriti, addolorati, con l’Arno sotto che saliva e saliva. Guardavo un ragazzo di colore ripulire la targa imbrattata di Idy Diene. Sospiravo e il mio cordoglio era un cirro trasparente in mezzo ad un cielo nero violenza.

Mercoledì pomeriggio stavamo sotto le logge di Piazza dei Ciompi davanti ad uno striscione rosso e nero che diceva: Silvia Libera.

Guardavo un gruppo di studenti universitari, col megafono bianco sotto la pioggia fine della sera che si ripetevano “Non è giusto, non è giusto cazzo”. Sospiravo e la mia voce si piegava, come è doveroso, dietro alle ingiustizie di questi tempi barbari.

Stiamo tutti bene, in fondo, ma non siamo tutti.

E anche se i gangli del nostro “attivismo” si inceppano quasi subito, anche se una rappresentanza partitica coesa e coerente stenta a palesarsi, anche se i problemi dell’Italia stanno a Taranto, stanno a Caserta, stanno a Roma, prima che nel buglione di meme, gattini e ritornelli virali, il prossimo 30 novembre mi sa tanto che mi metterò in piedi, muto, senza fare stories né video Instagram, sperando che i sospiri, stavolta, diventino respiri, si sollevino a tregua e ristabiliscano un battito salubre.

Ci si nota di più se andiamo. Mi sa.

 

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