Magda Szabò si confessa. Elabora un’elegia dedicata a Emerenc, una donna che per certe caratteristiche incarna l’opposto della protagonista. Magda l’intellettuale borghese, Emerenc una donna umile e del popolo.
La porta del titolo è il passaggio per una dimensione intima e personale che difficilmente può essere varcata, un ostacolo alla conoscenza reale di una persona. Emerenc, nella sua condizione di donna instancabile, appare come un personaggio dotato di una sicurezza personale oltre le righe, ma che allo stesso tempo si rifugia al di qua della soglia della sua porta di casa, il confine tra il suo mondo e quello degli altri.
Questo nascondersi è anche un’arma contro la sofferenza e la delusione: sarà Magda che, in un incontro cruciale, riuscirà a scalfire l’anima dura della donna e a creare un contatto.
La porta è un romanzo anch’esso dicotomico, come Emerenc, è un romanzo realista e allo stesso tempo metaforico, che usa la materialità per descrivere un travaglio interiore che la scrittrice continua a vivere anche dopo la morte dell’amata Emerenc. È la descrizione di due mondi che appaiono incomunicabili ed opposti, non solo per la loro collocazione sociale, ma anche per quei sistemi interiori che si articolano in due quotidianità così vicine eppure così diverse. La Szabò mi è stata consigliata da Lidia Castellani, autrice di Mamma senza paracadute” e “Il corpo non sbaglia”, pubblicati da Salani editore.