Consigliare di leggere La Recherche è sempre un rischio. Ormai leggere quelli che costituiscono i capolavori della Letteratura (con la elle maiuscola) umana è diventata più una sfida, una lotta intrapresa o con noi stessi o con gli altri per dimostrare di riuscire a scavalcare qualcosa di così difficile e intenso come pagine e pagine che si susseguono e che dovrebbero lasciare il segno. Consigliare, o meglio, sostenere che leggere questo o quel libro sia imprescindibile e preliminare a qualsiasi attività letteraria è appunto un rischio: il panorama letterario di chi legge e chi scrive oggi è talmente vasto che una sola vita non basta. C’è chi sostiene che l’importante sia conoscere a grandi linee tutta la letteratura mondiale, chi che si debba leggere integralmente e in diverse edizioni e traduzioni uno stesso libro, chi che si debba conoscere a fondo un solo autore leggendo tutti i suoi libri, pure quelli minori e i frammenti. Nessuna via è quella giusta, a mio parere: ognuno sa cosa leggere, l’importante è che si legga.

“Alla ricerca del tempo perduto” di Marcel Proust è un’opera-mondo che, per esigenze editoriali, è stata suddivisa in sette volumi, io ho letto soltanto il primo “Dalla parte di Swann”. Il tempo e la memoria sono temi fondanti e le esperienze autobiografiche dell’autore vengono raccontate con una tale minuziosità da pensare di prendere parte noi stessi di quegli accadimenti. Ci sarà qualcuno che troverà il tempo per affrontare tutto quello che Proust chiede, se non in questa vita magari nella prossima.