Se avete avuto come me la fortuna (o la sfortuna) di iscrivervi alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze, vi sarà capitato senz’altro di passare da piazza Brunelleschi.

Un luogo che somiglia a una sorta di “microcosmo”, così vicino, eppure così lontano dal luccicante centro turistico. Io ci misi piede per la prima volta nell’ormai lontano 2007. Da allora molte cose sono cambiate, ma a non mutare è l’animadi questo angolo di Firenze; un’anima fatta di decadenza, sporcizia, muri scrostati, scritte con le bombolette e manifesti stropicciati.


“Brunelleschi” come la si chiama semplicemente tra studenti, può piacere o meno, ma è innegabile che eserciti un certo fascino, quello della decadenza appunto, ma anche quello degli ideali del secolo passato.

Torniamo ancora più indietro nel tempo. Questo grande complesso nasce nel 1295 come monastero benedettino camaldolese. Tra i più prestigiosi della città, fu sede di una famosa scuola di miniatura. Nel ‘400 divenne centro artistico e culturale di primo piano, sotto la guida del priore Ambrogio Traversari (1386-1439), umanista e teologo amico di Cosimo il Vecchio. Pensate che qui nel 1654, per volere del granduca Ferdinando II, venne installata la prima stazione meteorologica di Firenze. Soppresso ai tempi di Napoleone (1808), fu adibito a ospedale per passare infine all’Università nel 1940.


Dopo non averlo frequentato per un certo periodo, una volta tornato anch’io mi sono fatto prendere dal fascino di questo posto. Quasi tetro nelle fredde mattine grigie e piovose, in questi giorni tiepidi e assolati di febbraio, il grande cortile sembra rinascere e prepararsi all’inizio della primavera. C’è un sottile piacere nello stare seduti dopo pranzo a prendere un po’ di sole in faccia prima di rientrare in biblioteca, sperando che la schiacciata o il cibo cinese non ti facciano venire l’abbiocco.

Una menzione speciale va alle scritte nei bagni. Oltre agli slogan politici di ogni segno e colore, ce n’è una che mi ha sempre colpito: “Libertà o morte! Viva Cristo! Viva il papa!”. Qualcuno poi ha aggiunto: “Viva Topolino! Viva l’Uomo Ragno!”. E un altro ancora: “Viva Barabba! Viva Maria Maddalena!”.

Da qualche tempo tre o quattro senzatetto dormono e passano le loro giornate sui gradoni di pietra proprio fuori dai cancelli della Facoltà. Ce n’è uno tra di loro che fa disegni. Vedute di Firenze dai colori sgargianti per lo più, in vendita a offerta libera. Una mattina incuriosito mi fermo a scambiarci due parole.
Si chiama L., fiorentino di Borgo Allegri, ha la faccia e le mani annerite per lo sporco. Alle spalle un passato di dipendenza, ha scelto di tornare qui, dopo anni di assenza, dove tutto è cominciato. Nel salutarlo gli dico: “Ci si vede!”. E lui mi fa: “Eh, se un’ci si vede e s’accende la luce!”.