di Jacopo Storni
Ho scritto un libro sugli immigrati di successo e un giorno mio babbo ha regalato quel libro a un suo collega di lavoro. Quel collega, guardando la copertina del libro che raffigurava un uomo di colore in giacca e cravatta, ha detto a mio babbo:“Tuo figlio non ha capito niente, scrive di immigrati in positivo quando il loro posto dovrebbe essere in galera”.
Mio babbo è rimasto perplesso. Sette mesi dopo, mio babbo ha subito un furto in casa. Non era il primo. I ladri sono entrati di notte, mentre lui dormiva, e hanno svaligiato mezza casa: le posate d’argento, i soldi in cassaforte, gli orologi. I ladri erano slavi. Mio padre adesso è incazzato. Ho cercato di consolarlo, di dirgli che forse è andata bene cosi, che avrebbero potuto ammazzarlo durante il sonno. Lui mi ha detto che forse sbaglio a scrivere di immigrati. Che forse aveva ragione quel suo collega di lavoro. Che gli immigrati – tanti di loro, troppi di loro – sono criminali, ladri, delinquenti, terroristi.
Se mio padre pensa così, chissà cosa pensa il resto del Paese.
Se mio padre pensa così, forse è perché nessuno gli racconta l’altra faccia dell’immigrazione.
Mio babbo non è razzista, è stato lui ad insegnarmi a viaggiare, ad insegnarmi la diversità. Mi ha fatto conoscere l’Estremo Oriente, l’America, l’Europa. Eppure, quel giorno, probabilmente accecato dalla rabbia, mi disse che forse quel suo collega aveva ragione. Che forse gli immigrati, troppi di loro, sono criminali.
Se mio padre pensa così, forse è perché non sente mai parlare di immigrati ingegneri, medici, avvocati, architetti, imprenditori. Immigrati lavoratori. O meglio, ne sente parlare, ma soltanto da suo figlio.
Al contrario, sente parlare soltanto dei soliti immigrati: i ladri, i profughi, gli spacciatori, i bivacchi, i terroristi, gli stupratori. I soliti noti.
Forse allora, abbiamo un problema di narrazione. Forse allora, la colpa è della politica, che fomenta odio e diffidenza soltanto per fini elettorali, raccontando soltanto i migranti profughi e delinquenti per creare un problema, quel problema che poi ti promettono di risolvere.
Se mio padre è arrivato a pensare in quel modo, forse la colpa è di questa politica, concentrata sulle prossime elezioni anziché sulle prossime generazioni, una politica miope secondo cui gran parte dei mali dell’Italia proviene dagli immigrati. Ma vi pare possibile?
La politica criminalizza o strumentalizza l’immigrazione, si appiglia all’immigrato come capro espiatorio dei nostri mali, anziché raccontare, davvero, quelli che sono i nostri mali: la corruzione, l’evasione fiscale, la mafia, temi dove sono gli italiani a delinquere.
È la stessa politica che parla di invasione, quando i profughi sono meno dell’1 percento della popolazione. Eppure, la percezione è completamente diversa. È la politica che accusa gli immigrati di rubarci il lavoro, quando in realtà gli immigrati producono l’8 percento del Pil e il sistema di accoglienza profughi crea lavoro per gli italiani. È la politica secondo cui ospitiamo i profughi negli alberghi a 5 stelle, quando in realtà i richiedenti asilo vivono in centri d’accoglienza che niente hanno a che vedere con gli hotel di lusso.
Gran parte di quello che sentiamo raccontare sui migranti, spesso è falso, alimentato dalla politica e dalle fake news. Tutto questo distorce la realtà, fomentando paura e rabbia, facendo leva sui sentimenti più istintuali e primitivi dell’uomo, anziché contenerli.
Ma c’è un altro tema.
Se mio padre è arrivato a pensare in quel modo, forse la colpa è anche mia, di noi giornalisti, di questo giornalismo, sempre più portavoce della politica. Il giornalismo – e la comunicazione in genere – racconta gli immigrati sempre nello stesso modo. Immigrati uguale profughi, straccioni, poveracci, rifugiati, spacciatori. Prevale una narrazione pietistica, paternalista, una narrazione standardizzata.
Finché continueremo a rappresentare gli immigrati soltanto come profughi, poveracci e delinquenti, gli immigrati resteranno sempre e soltanto – nell’immaginario collettivo – profughi, poveracci e delinquenti. E magari terroristi. È giusto raccontare i profughi, visto che sono 170mila in Italia. È giusto raccontare gli spacciatori e gli stranieri delinquenti, ma se vale il criterio dei numeri, raccontiamo anche gli immigrati imprenditori. Ce ne sono 550mila in Italia. E sono molti di più dei profughi.
Cambiamo narrazione, non per il gusto di andare controcorrente, ma perché gli “altri” immigrati sono la stragrande maggioranza. Soltanto così, l’immigrazione, anziché come paura, potràessere percepita come un’opportunità, se ben governata.
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Liberamente tratto da “Siamo tutti terroristi” dello stesso Jacopo Storni, pubblicato da Castelvecchi Editore. I dati che sono citati nel testo sono riferiti al momento della pubblicazione ovvero il 2018.
La volontà di superare i pregiudizi, invece, è sempre attuale.