Luglio e agosto, i flebili amori estivi. Quei ciao mi mancherai è stato bello ci rivedremo. E poi riparti e fantastichi ad occhi aperti, neanche fossi il protagonista di un libro di Nicholas Sparks. No, l’estate dello studente non è così. Tanto studio e tanto lavoro, niente limoni né fiesta loca fino a tarda notte in spiaggia. Settembre. È la forma, dare il senso a un insieme. Realizzi settembre a fine agosto e ti sale lo sconforto. Ti svegli come da un brutto sogno. Che cosa è rimasto, perché sei qui?
Per maturare bisogna porsi degli obiettivi realistici. E settembre non è il mese degli studenti maturi. È il mese dei ritardatari, di chi ha rimandato, di chi si è congelato nella calda estate. Di chi ha recitato all’infinito il mantra del lo faccio dopo, per ritrovarsi inesorabilmente affossato, a settembre.
Mesto, riparti verso i tuoi studi, verso Firenze. Attraversi valli, fiumi, intravedi il tuo ultimo mare da finestrini sporchi. Auto, traghetti, bus, treni. Nell’Italia più lunga che larga ce ne sono di chilometri da fare, ce ne sono di pensieri da raccogliere e raccontare. Come della paura delle stazioni. Aspettando alla banchina il malandato regionale per Firenze, passano a gran velocità altri treni. Treni merci, treni passeggeri. Gli altoparlanti freddamente allertano di allontanarsi dalla linea gialla.
Dietro quei finestrini sporchi, ci siamo noi, i giovani, esseri umani che troppo spesso si ritrovano addosso paure che non dovrebbero esistere, come il dover parlare con un professore, come il semplice attraversare un ponte o un mare. Questo sarà settembre. Un inquieto capodanno. Studenti, laureandi, laureati hanno il dovere di ripartire dopo aver rimandato troppo. Qualcuno supererà i propri limiti e le proprie angosce, riuscirà a passare il suo ultimo esame, a finire la tesi. Qualcuno, invece, è già diventato grande. Che sia rimasto, partito o tornato, il minimo comun denominatore per tutti è vivere nel futuro.