Il Piazzale Michelangelo, questo non luogo per eccellenza della geografia fiorentina che per tanto tempo non è esistito, mentre esisteva la veduta che da lì si poteva godere. Quante vedute, o addirittura piante di Firenze sono state realizzate utilizzando la prospettiva privilegiata di quei colli? Una volta costruito, ha dato subito luogo alla locuzione “si va al Piazzale”, che era poi esattamente lo scopo per cui era stato ideato.

Questa enorme piazza affacciata sullo spettacolo della storia, con l’unico punto d’appoggio del finto David nel mezzo, diventa la nuova meta per i fiorentini ormai incamminati verso il Novecento, uno dei simboli della rinascita borghese della città che al piano stava demolendo anche le ristrettezze del vecchio mercato e del Ghetto, per far posto a nuove visioni.

Qualcuno si lamentò – non poteva essere certo diversamente – dell’eccessiva spesa sostenuta per la costruzione, ma i più apprezzarono; e ai meno attenti una lapide di generose dimensioni ricorda di volgersi attorno, e ammirare. Ci si montava a piedi o col tram, e poi con l’autobus sempre denominato 13 rosso o nero a seconda del senso della circolare.

Fu salotto, sì, ma mai cuore pulsante della città. Luogo delle domeniche, ma mai vero punto di appartenenza. Piano piano fu il turismo a prendere possesso di quella terrazza e dei suoi centottanta gradi di visuale. Ne scoprì la virtù di poter assistere al tramonto come se fosse un film, tenendo Firenze a man destra. “Si va al Piazzale” è oggi locuzione meno usata, azione meno desiderata, superata com’è da altri punti d’attrazione. Ma lui è ancora lì, vigile, a disegnare con mano ferma il percorso dell’Arno sotto di sè.

 

di Riccardo Ventrella