“They paved paradise and put up a parking lot”, cantava una trasognata Joni Mitchell nel ’70. Del paradiso ne faranno un parcheggio.
Però dice che la sosta selvaggia poi sarà un ricordo, dice che la nuova pensilina del mercato avrà “una copertura in legno lamellare”, dice che la piazza (dopo il trasferimento di un anno delle storiche bancherelle di frutta e verdura in via Dogali) sarà un’isola ecologica, dice. E ci saranno alberi, e sorrisi e speranza, e tutti metteranno fiori nei loro cannoni.
Un Eden, la piazza fra un anno, dice. “Leave or remain”, ormai è storia chiusa. Sulle seggioline celesti del Cavini, lì, al crocevia di venti del Nord dove nonostante le stagioni spirano sempre refoli tiepidi, i capelli grigio-turchini delle signore con lo chemisier fiorito, le ciabatte e una badante a testa, ondeggiano lenti in un settembre di mestizia. Ieri sera, proprio lì, la Fiorella ricordava a noialtri di quando suo figlio, Renzino, bonanima, da piccino girava intorno alla piazza con la bicicletta ed era bellino, tutti le dicevano che sembrava una femminuccia da quant’era bellino.
Così ha tirato fuori la foto in bianco e nero della leva militare, le ha buttato un bacio, mentre la Uliana col fazzolettino bianco le asciugava una lacrima e diceva: “Signora stanca oggi, signora oggi male”. Noialtri spettatori. Al “Teatro-Studio del Cavini”, davanti al vecchio mercato, ad ascoltare la Fiorella con la voce tremula: storie di una bambina che faceva la staffetta fra Polcanto e Vicchio, storie di soldati, rovi, spari. Storie di impicci e marasmi e tran tran quotidiani e poi arrivarono gli anni ’60, il mattone, i figlioli, il bacetto sulla fronte a Oreste tutte le mattine, prima che lui si mettesse il berretto da ferroviere e le dicesse: “Belloccia, la mi’signorina”.
I profili urbani cambiano, c’è da trovare parcheggi alla svelta, c’è da rendere ecologico e bello ogni cosa, fuori, perché dentro, forse, di grandi storie se ne scrivono meno: quello che gli occhi vedono, pure se fatiscente, marcio, pericoloso, mal gestito, gli spazi disarmati del quotidiano, possono trasferirsi in Via Dogali per un anno? Chiamatelo passatismo. Ma non scordatevi anche dei bisogni. Come quello di mettere cornici a un ricordo in bianco e nero: esistenze che altrimenti, da sempre, ciondolano e incespicano.