I denti incapsulati, gli occhi leggermente truccati e i capelli raccolti. Più che a Johnny Depp sembra di essere di fronte a Jack Sparrow, il personaggio della saga de I pirati dei Caraibi che ha fatto brillare di nuovo la sua stella da circa una decina di anni e che si prepara a riportare nuovamente sullo schermo nel 2017. Tra gli inevitabili commenti sulla sua figura lievemente appesantita e l’ammirazione per il fascino intatto del volto, Johnny Depp nella sua parentesi veneziana ha parlato soprattutto di Black Mass il film presentato fuori concorso sulla storia di James Bulger, uno dei più spietati criminali che hanno operato a Boston a partire dagli anni Quaranta, che lo vede protagonista assieme a Dakota Johnson e Benedict Cumberbatch.

Ecco cosa ha raccontato a giornalisti e testate televisive in una summa delle sue dichiarazioni.

 

Quale è stato l’aspetto più interessante nel processo di immedesimazione col suo personaggio?

Anzitutto la trasformazione fisica a cui mi sono sottoposto che è stata curata da due eccellenti make up artist. Hanno fatto diversi test sul mio volto, prendendo di volta in volta appunti. È stata una sfida, ma anche un mezzo per “trovare” questo personaggio fatto di sentimenti tanto contrastanti. Quando intorno a te hai un gruppo di attori così strepitoso diviene tutto più facile.

 

Lei ha sempre interpretato ruoli estremamente complicati, ma in questo caso il suo personaggio è un uomo malvagio. Dove ha trovato ispirazione?

Dentro di me c’è una parte malvagia, l’ho scoperto da tempo e lo accetto, anzi ho fatto amicizia con questo lato del mio carattere. Nel caso di questo personaggio è un po’ più complesso: essere malvagio era la sua professione. Doveva parlare la stessa lingua delle persone che lavoravano con lui.

 

Ci sono molti fan qua fuori che la aspettavano dalle 6 di mattina, cosa significa per lei?

Sono persone molto gentili e devote che hanno aspettato tutto questo tempo. Non mi piace parlare di loro come fan, sono piuttosto i miei “boss”; sono loro che decidono di andare al cinema ed emozionarsi. È commuovente ricevere questa accoglienza, li ringrazio.

 

È la seconda volta che interpreta un personaggio realmente esistito dopo Nemico Pubblico. Cambia qualcosa nell’approccio rispetto a un personaggio di pura finzione?

 Per me è una grande responsabilità in questi casi, che il personaggio sia buono o cattivo. In Nemico Pubblico ad esempio ho considerato il mio personaggio una sorta di Robin Hood, ma in questo caso è stato diverso. Di Bulger esistono alcuni filmati dell’FBI e qualche foto, non c’era molto su cui prepararsi. Sono comunque emersi aspetti diversi che lo volevano spietato uomo d’”affari” in certi casi e amorevole padre di famiglia in altri. Un personaggio molto complesso a cui si doveva rendere giustizia in un certo senso, anche se nel suo percorso ci sono molti brutti momenti. Ho chiesto di poter incontrare Bulger ma lui ha rifiutato, non credo sia un fans dei libri scritti su di lui (ride).

 

Come avete lavorato sul dualismo tra l’immagine pubblica di Bulger e quella familiare?

A prescindere da quanto qualcuno possa considerarsi malvagio c’è sempre dell’altro. C’è qualcosa di poetico su quanto questo personaggio sia riuscito a fare nel suo lavoro arrivando da una generazione di immigrati irlandesi molto orgogliosi.

 

Come mai lei sceglie sempre dei ruoli che la trasformano fisicamente?

All’inizio della mia carriera ero un musicista e facevo l’attore molto occasionalmente. Poi sono stato intrappolato in una serie tv e non ero troppo contento. I miei eroi nel cinema sono sempre stati John Barrymore, Tim Curry, Marlon Brando: tutti attori che si trasformavano sullo schermo ed è diventata quindi un’ossessione per me quella di divenire un caratterista invece di un ragazzino da poster come avrebbero tutti voluto, ma questo succedeva cento anni fa (ride). L’attore ha la responsabilità verso il suo pubblico di cambiare, di dare ogni volta qualcosa di nuovo. Sorprendere il pubblico e non annoiarlo reinterpretando sempre se stessi è molto più pericoloso.