di Caterina Liverani

Noha, Randa Soukaina e Hilma sono quattro prostitute di Marrakech. Ogni sera si truccano, si mettono abiti provocanti, tirano qualche striscia di cocaina e vanno “in scena” insieme ad altre donne nella villa di qualche saudita o in discoteca a caccia di ricchi europei. Sono disposte a subire tutto, fuori ad attenderle fino all’alba c’è Said il loro tuttofare che si prende cura delle loro necessità; l’importante è guadagnare quanti più dirham possibili da dare ai loro uomini o alle famiglie che si approfittano di loro.

C’è la concorrenza delle trans o addirittura dei bambini, ma alla fine c’è il loro legame e la loro vita insieme nella stessa casa dove, tra bisticci e zuffe, si prendono cura l’una dell’altra proprio come in una famiglia.

Un film crudo ma mai osceno Much Loved del regista franco-marocchino Nabil Ayouch, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs all’ultimo Festival di Cannes. Un film del quale le autorità competenti marocchine hanno già vietato la circolazione in patria, negando che quanto vi è raccontato rappresenti la realtà della vita a Marrakech. L’universo di questo tipo di prostituzione, che si non consuma per la strada, ma in camere d’albergo, caserme e case private viene raccontato attraverso gli occhi stanchi e disincantati delle sue protagoniste, un gruppo di formidabili interpreti in grado di mantenere grazia nel rappresentare il degrado e di essere nello stesso tempo disincantate e innocenti. Marrakech, spogliata di qualsiasi fascino o esotismo, sembra fatta solo di periferie e di ville isolate, spesso viste solo di sfuggita dal finestrino sporco di una macchina. Il film è già stato acquistato dalla casa di distribuzione italiana BIM grazie all’attenta selezione di Valerio De Paolis che ha ribadito di voler continuare a proporre al pubblico storie dalla componente sociale forte che non si limitino a raccontare l’ovvio.