Al Firenze Rivista Lungarno dialogherà con Ajo Ojo, Ricciorto, Mondeggi e la Rete Semi Rurali. Per lanciare l’assemblea del 19 settembre, abbiamo chiesto allx abitanti di Firenze di immaginare i sogni e gli incubi degli olivi.
A Firenze ci sono circa 2600 olivi distribuiti in 36 olivete. Alcune sono curate da associazioni o fondazioni, altre da nessuno. L’oliveta più grande contiene 700 alberi, si trova in Viale Michelangiolo 80 e ha una superficie totale di 42.753 metri quadrati, di cui 2800 olivetati. La più piccola, al contrario, ne contiene 6, ha una superficie totale di 2928 metri quadrati, di cui solo 245 olivetati, e si trova lì vicino, in Viale Galileo 6, dalle parti di San Miniato al Monte. Se la presenza di questo numero di olivi nella nostra città vi sembra sproporzionata, o se pensavate che non ce ne fossero affatto, vi capisco. Non ne avevo idea neanche io.
Scopro queste informazioni attraversando in orizzontale e in verticale, e con un movimento doppio di zoom in e zoom out, la mappa digitale creata dal Collettivo Ajo Ojo di Firenze. Fabiana Diotallevi e Annalisa Schettini, le fondatrici, curano Olio Firenze Collettivo (che si abbrevia ovviamente in Olio Fi.Co.), una mappatura delle olivete urbane e periurbane della città consultabile online. Oltre a questo progetto, nel 2024, con il sostegno di Europe Direct e con la partecipazione di Ricciorto e Legambiente Firenze, Ajo Ojo ha attivato l’Organizzazione Locale per l’Innovazione delle Olivete (che si abbrevia ovviamente in O.L.I.O.). Il progetto ha previsto la realizzazione di una serie di iniziative volte alla valorizzazione del patrimonio olivicolo fiorentino attraverso un ricco programma fatto di bike tour, laboratori, raccolta delle olive. Quest’anno il loro progetto sarà finanziato dal bando Siete Presente di Cesvot.
Con Ajo Ojo, Ricciorto, Mondeggi e la Rete Semi Rurali ci incontreremo venerdì 19 settembre alle 18.30 alle Murate, durante la biennale del Firenze Rivista, per l’evento “Coltivare paesaggi”: terremo un’assemblea pubblica a partire dalle loro esperienze di agroecologia, pratiche sociali e cura del territorio. Proveremo, come Lungarno fa da molto tempo, a immaginare insieme un’idea di città.
Il lavoro di immaginazione, o se volete di progettazione, o se volete di design (a voi la diatriba se esista o meno una differenza tra progettazione e design, per lo meno in italiano) non si fa da soli e nemmeno in pochi. Per progettare qualcosa serve uno sforzo non solo creativo, ma anche di immedesimazione. Per questo, l’unica cosa sensata da fare, in un paio di pomeriggi caldi di metà luglio, mi sembrava andare a spasso per la città a intervistare le persone che incontravo. La domanda che ho posto loro è solo una: che cosa sognano, di notte, gli ulivi di Firenze? Per leggere le risposte, che riporto di seguito, vi consiglio di mettere in sottofondo Mother Earth’s Plantasia, l’album del 2019 di Mort Garson. Si dice che ascoltarlo faccia bene anche alle piante: condividete l’ascolto col basilico sul vostro balcone o con il vostro olivo di fiducia.
Gli olivi non sognano, sanno già tutto. Di essere circondati dalle bolle di sapone. Se fa un sogno kinky, l’olivo sogna di essere schiacciato come l’uva. Di fare stretching. Una Firenze senza auto. Una città più fresca. La Firenze di Lorenzo Il Magnifico. Che nessuno rompa loro i coglioni. Una città meno inquinata. La manutenzione degli spazi verdi in città. Fanno sogni freschi. Più stelle da vedere. Una città piena di clacson. Di potersi espandere in centro storico. Di prendere un po’ d’acqua. Di essere belli e far felici le persone. Di fare ombra alle persone. Maggior coesione creativa e solidale tra chi cura gli oliveti e chi amministra la città. Un olio buonissimo. Non posso occuparmi la testa con queste cose. Che qualcuno si prenda cura di loro durante la raccolta. Gli olivi di notte si connettono e fanno un grande sogno collettivo assieme anche a tutta la fauna che li circonda. L’abolizione del traffico. Di rendersi utili a qualcuno. Di avere meno turisti intorno. Di essere lasciati in pace. Un ecosistema adatto alla loro crescita. Gli olivi di Lucca. Di non poter fare olive. Di essere visitati con ammirazione dagli ulivi di altre città. Di perdere tutte le foglie, che iniziano a volare; le foglie si trasformano in lame taglienti; poi le foglie tornano al loro posto. Se fanno degli incubi, dei parassiti, un tifoso della Viola o un gruppo di contadini; se fanno bei sogni, l’ulivo da cui sono attratti. La Villa medicea del Trebbio. Nardella che li salva di corsa, urlando.
in copertina: Raccolta 2023 – Monnatessa – foto Fabiana Diotallevi