IL GENIO RADICALE

Intervista a Elettra e Terry Fiumi

9999 è stato un gruppo di architetti attivo a Firenze dal ’68 fino ai primi anni settanta, con uno sguardo illuminato dall’immaginario del nuovo millennio. Ispirati alle avanguardie delle controculture americane scoperte nei loro numerosi viaggi, Fabrizio Fiumi, Carlo Caldini, Giorgio Birelli, Paolo Galli – e nel primo collettivo, denominato 1999, con Mario Preti, Paolo Coggiola, Andrea Gigli e Giovanni Sani -, sperimentavano un’architettura di fusione tra media elettronici e cultura underground. Elettra Fiumi, regista e produttrice, ci ha accolto nella villa di famiglia tra le colline del Chianti con la madre Terry, musa e moglie dell’architetto fiorentino, raccontandone il genio e il coraggio.

In cosa si distingueva Fabrizio Fiumi dagli altri componenti del gruppo?

«Fabrizio era il cuore visionario del 9999. Aveva un talento per idee audaci, unite a un naturale carisma che ispirava chiunque a unirsi ai suoi progetti. La sua forza stava nel saper immaginare concetti che combinavano multimedia, architettura e coinvolgimento sociale, spingendosi oltre i limiti del convenzionale. Era attratto dal cinema e da altri media, strumenti essenziali per esprimere il messaggio del 9999. Era il più aperto al rischio e mai per motivi economici. Il suo entusiasmo era contagioso. Pur eccellendo nella definizione delle idee, era spesso sua moglie a dare il supporto necessario affinché prendessero forma nella realtà. Insieme, formavano un team potente: Fabrizio accendeva la visione e lei contribuiva a trasformarla in realtà».

Qual è il progetto più importante realizzato per Firenze?

«Sicuramente Space Electronic. Non era solo una discoteca, ma un esperimento sociale e un centro culturale, dove musica, arte, architettura e tecnologia convergevano. Era un luogo di espressione creativa e scambio interculturale, dove venivano ospitati concerti, performance e persino workshop di architettura. Rappresentava l’idea del 9999 di una “architettura viva”, uno spazio in costante evoluzione. L’opera di Fabrizio nella gestione e progettazione di Space Electronic ha regalato a Firenze un luogo iconico dove l’innovazione poteva fiorire, lasciando un’impronta indelebile nella storia della città. Il suo personale progetto invece, rivoluzionario per quei tempi e per il mondo culturale, è stato la prima macchina per i sottotitoli digitali per la traduzione audiovisiva nei cinema. Per comporli si servì di luci a led, che a quell’epoca nessuno conosceva. Fabrizio presentò il brevetto al festival di Madrid nel 1983».

Che ruolo svolgeva la natura nel gruppo?

«Era centrale per 9999, come ispirazione e partner fondamentale. Per loro, l’architettura doveva armonizzarsi con l’ambiente anziché dominarlo. La “Casa-Orto”, progettata per la mostra “Italy: The New Domestic Landscape” del MoMA nel 1972, ne è un esempio emblematico, integrando elementi vegetali direttamente nella struttura architettonica e anticipando così la visione ecologica di un’architettura sostenibile. Per Fabrizio e gli altri, la natura non era solo uno sfondo, ma un elemento co-creativo».

 

Radical Landscapes, il tuo film documentario, svela un profilo intimo e coraggioso di Fiumi.

«Per me, Radical Landscapes è sia un viaggio nel mondo del 9999, sia una scoperta personale dell’eredità di mio padre. Realizzarlo mi ha permesso di comprendere non solo il loro lavoro, ma anche i profondi ideali che spingevano Fabrizio e i suoi amici: comunità, creatività e rapporto tra uomo e natura. Il film riflette l’attualità delle idee del 9999, in particolare la loro concezione dell’architettura come pratica interdisciplinare in evoluzione. Esplorare la filosofia e la dedizione di Fabrizio nel superare i confini mi ha ispirato, spero che il documentario catturi l’impatto della loro visione per le generazioni future».

Cosa realizzerebbe oggi Fabrizio Fiumi con 9999? Esiste un progetto rimasto in sospeso?

«Credo che il suo lavoro si concentrerebbe su una combinazione di architettura ecologica, interattività digitale e intelligenza artificiale. Era appassionato dell’idea che l’architettura potesse essere allo stesso tempo sostenibile e immersiva, un ponte tra persone, tecnologia e natura. Con il suo spirito innovativo, probabilmente esplorerebbe anche l’uso dell’AI nei progetti per creare spazi interattivi e adattivi. Una versione aggiornata della “Casa-Orto,” per esempio, potrebbe includere elementi di design intelligente e verde che rispondono ai bisogni climatici e ai comportamenti umani. La loro visione – creare un’architettura che rispondesse alla natura, alla tecnologia e alla comunità – sembra senza tempo. Il vero “progetto in sospeso” era forse proprio la costante evoluzione di queste idee».

Cosa rimane alle nuove generazioni del loro pensiero radicale?

«La visione del 9999 è una lezione di responsabilità ecologica, libertà creativa e sperimentazione architettonica. Hanno incoraggiato una concezione dell’architettura che va oltre la forma e la funzione, coinvolgendo questioni sociali e ambientali più ampie. Fabrizio e i suoi colleghi sono stati pionieri del design sostenibile e sperimentale, combinando tecnologia e natura in modi incredibilmente attuali. Il loro lavoro ispira oggi gli architetti a considerare gli edifici parte attiva di ecosistemi, a sfidare i limiti e vedere l’architettura come uno strumento trasformativo per spazi e società».

 

Fotografie Courtesy Archivio 9999/ Elettra Fiumi