di Luca Limitone
Percorso ad anello. Partenza da Piazza Poggi, Via dell’Erta Canina, Arcetri, Via Pian dei Giullari, Via di Santa Margherita a Montici, Villa di Rusciano, Piazza Ferrucci e ritorno al punto di partenza.
A un certo punto – dalle parti di Arcetri – sopra la mia testa, altissimi, immobili, con le ali spiegate contro il cielo azzurro, ho visto tre gheppi. Ma secondo me non erano gheppi, erano tre falchi. Anzi no, tre aquile. Lo so che a pochi chilometri da Firenze non ci sono le aquile, ma quei tre volatili erano così solenni e imponenti che, per me, erano tre aquile. E mentre li guardavo pensavo che dopotutto nascere gheppio, falco o aquila è una bella fortuna. Si devono vedere dei panorami incredibili da lassù e soprattutto, quando si è stanchi del rumore della terra, te ne puoi andare in alto e prenderti in un attimo tutto il silenzio e la libertà che vuoi.
E invece io sono qui, incollato a questo cemento in Via Torre del Gallo, a sudare in salita con le gambe indolenzite dalla stanchezza, camminando tra le ville dei ricconi.
A catturare la mia attenzione sono soprattutto i cancelli d’ingresso. In ferro battuto, in legno, a battente o a scorrimento: ce n’è per tutti i gusti. I più brutti sono proprio questi ultimi; veri e propri muri di metallo degni di una casa circondariale più che di una villa con vista sulle verdi colline di Firenze.
Giunto in Via Pian dei Giullari decido di mettere in atto il mio piano di rivalsa simbolica a lungo meditato durante la passeggiata. Mi arrampico su un muretto in pietra di una proprietà, mi sporgo più che posso e, tendendo al massimo il braccio, afferro il ramoscello di un rovo portandomi alla bocca una dozzina di succosissime more selvatiche. Non contento, pochi metri più avanti noto una rivista, ancora chiusa nell’involucro, lasciata davanti il cancello di un’altra villa da un postino troppo frettoloso. Senza pensarci due volte la infilo nel mio zaino, portando a termine il secondo esproprio proletario del giorno.
Mi avvicino al termine della camminata atterrando sui prati della villa di Rusciano. Qui tolgo il cellophane e do un’occhiata alla rivista. Lo sguardo torvo di Giorgia Meloni in copertina sembra disapprovare le mie marachelle. Sento un leggero senso di colpa iniziare ad affiorare sulla superficie della mia coscienza insieme a una serie di pensieri cupi. Prima che la situazione peggiori faccio sparire il maltolto e mi sdraio sull’erba.
Meglio guardare il cielo.