Concrete Noir è il nuovo progetto dell’artista multimediale e sound designer Piero Fragola, già attivo come We Love (BPitch Control) e ANGLE (Tiptop Audio Records). Il suo album di debutto “Romance Ruins”, composto interamente utilizzando il sistema modulare ART di Tiptop Audio, sarà presentato in anteprima sabato 25 ottobre ore 17 da Logout Records. Abbiamo raggiungo Piero per fare questa bella chiacchierata.

Ho come l’impressione che il nome del tuo progetto Concrete Noir sia la chiave per capire come concepisci e produci la tua musica… sbaglio?

No, in effetti è così. “Concrete” e “Noir” sono due polarità che convivono nel mio modo di lavorare: la materia e la sua ombra. “Concrete” rimanda all’aspetto strutturale del suono, alle fondamenta su cui si sviluppa la costruzione dei brani; “Noir” è la componente emotiva, la parte notturna, il chiaroscuro che attraversa ogni traccia.

La mia musica nasce sempre da questa tensione fra forza e fragilità, alla ricerca di quell’equilibrio per cui lo stelo d’erba sopravvive al vento: se vi si oppone si spezza, se non ha radici solide viene portato via.

Un’architettura audiovisiva lega quasi tutte le tracce dell’album. Che funzione e importanza hanno quelle immagini?

Mi piace pensare a un album che possa essere ascoltato e visto, in cui le immagini siano una prosecuzione del suono, come se la musica generasse la propria controparte visiva. Nel caso di Romance Ruins, lavorare con processi che spaziano dalle tecniche classiche di ripresa ed editing ai nuovi sistemi generativi e alla pellicola mi ha permesso di dare una forma tangibile al suono. Il suono diventa memoria, e la componente materica del vinile trova un suo corrispettivo nella fisicità della pellicola.

Un esempio è Cold and Dim, realizzato con tecniche di intelligenza artificiale, editing e montaggio digitale, poi trasferito su pellicola 35mm e 16mm presso i laboratori di Movie and Sound. La versione in 16mm è stata sottoposta a un’operazione sperimentale di decadimento analogico, che ha aggiunto texture e imperfezioni materiali, eliminando gli artefatti digitali tipici dell’immagine AI. Il risultato è un dialogo fra tecnologia, materia e memoria, che attraversa l’intero album nei temi di romanticismo e rovina.

Le “Romance Ruins” vogliono essere un richiamo nostalgico o un rafforzativo “emo”?

Né l’uno né l’altro, direi. Romance Ruins parla del momento in cui l’intensità romantica si consuma e lascia dietro di sé una traccia. Non c’è nostalgia, ma un senso di rigenerazione: la decadenza come punto di ripartenza. È quella stessa fragilità di cui parlavamo prima: lo stelo che si piega al vento, anche in modo estremo, per poi ritornare alla forma iniziale.

Caduta e rinascita: la fenice che risorge dalla cenere.

Mi interessa quel passaggio in cui la bellezza si incrina ma continua a vibrare – una forma di resistenza, di perseveranza – direi che ne abbiamo bisogno in questo momento storico.

Detto questo, il lavoro è comunque debitore delle sonorità del passato: senza memoria nessuno di noi potrebbe comporre. Non posso negare il legame con alcuni ascolti pregressi che spaziano da Moderat a James Holden, da Trentemøller ai Coil, dai Suicide ai Cure, passando per i Portishead e tantissimi altri.

Con questa release hai lanciato anche la nuova etichetta Frequens Records. Quale dovrebbe essere la mission primaria di ogni label manager?

Per me una label non è solo un contenitore, ma un luogo di sperimentazione condivisa. Con Fabrizio Messina abbiamo pensato Frequens Records come a uno spazio dove la cura del suono, la visione estetica e la ricerca tecnica convivono.

La missione principale, credo, è creare contesto: non solo pubblicare musica, ma favorire dialoghi, mettere in relazione artisti, tecnologie e linguaggi diversi, e soprattutto parlare con il pubblico.

Quanta contaminazione ha la tua arte con i tuoi studenti?

Molta, in entrambe le direzioni. Insegno perché mi interessa il processo, la curiosità che precede la forma. Lavorare con gli studenti, allo IED e alla LABA di Firenze, mi costringe a rimettere in discussione metodi e strumenti, ad aggiornarmi costantemente. L’insegnamento, per me, è un laboratorio di contaminazioni.

Spesso le loro domande o il loro modo di affrontare un lavoro entrano nel mio e alcuni di loro mi hanno aiutato a realizzare uno dei videoclip dell’album, sia come supporto tecnico sia come attori. In quel caso il set è stato condiviso tra i ragazzi e gli amici che frequentano le serate di genere: due realtà diverse che si sono incontrate naturalmente davanti alla camera, entrambe parti dello stesso orizzonte creativo.

 

https://www.instagram.com/concrete_noir_official/