Sull’onda del trigger (positivo) delle avanguardie radicali nasce il Piccolo Atlante del Design, la rubrica dedicata al design contemporaneo che svela le molteplici sfumature di una professione che origina dalla progettazione manuale e trova alter ego e declinazioni in un universo creativo. 

«Nulla è più scottante del design», diceva il critico d’arte Gillo Dorfles. Funzionalità ed estetica qui si fondono in un amore turbolento fatto di innesti, sogni disegnati e coppie impossibili ma durature. Il design fonde soluzioni utili a stile, costruendo silenzioso l’identità di uno spazio. Franco Raggi è uno degli ultimi architetti radicali che ha reso materia progetti, visioni e intuizioni cavalcando opposti e paradossi in una contaminazione tra razionale e astratto. 

ARCHIVIO POLTRONOVA, Canton, Poltronova 1987

Architetto Raggi, come definirebbe il suo design?

«Ibrido e poetico, random. Una specie di attitudine vagante di progetti molto diversi. Non avere confini ed essere instabile è una caratteristica del mio lavoro. Non sono uno specialista ed amo non esserlo, ma sviluppo incastri pericolosi dove superfluo e necessario convivono».

Se quello radicale era trasversale ed inclusivo, che tipo di design è quello attuale in Italia?

«È cambiato il contesto, il design ha sfondato una serie di tabù sulla disciplina. Negli anni ‘70 il radicale si contrapponeva ad una fase più euforica e narcisista che il buon design italiano portava avanti, realizzando un compito fondamentale di modernizzazione dei linguaggi e dei costumi. Oggi non c’è una visione utopica, ma produce riflessioni». 

Metamorphosi. produzione MEDEA

Nel suo seminario con la Global Tools il corpo diventava utensile primario. Può l’essere umano definirsi una creatura di design?

«Più che una creatura è uno strumento per conoscere noi stessi, cosa c’è fuori di noi e come possiamo modificarlo. Il corpo, in senso ancestrale, era l’unico medium tra l’io e l’altro, un’ipotesi di ritorno alle origini praticato in maniera concettuale».

Di cosa è metafora la sua iconica Tenda rossa, realizzata negli anni ’70 e riproposta quest’anno alla Triennale di Milano?

«Dimostra che ciò che più ci rappresenta è quello che facciamo quasi per caso, inseguendo un’idea. In quell’occasione pensavo alla relatività dei linguaggi, la contrapposizione degli opposti. Feci uno schizzo a matita e ci disegnai sopra un tempio dorico. Da lì il passaggio decisivo è stato la sua realizzazione, la Tenda era alta 4 metri. Il disegno è diventato poi la copertina di un numero di Casabella, comprata poi da il FRAC Centre di Orleans e rimontata in numerose mostre. Fu un punto inconsapevole di partenza, il primo nel comporre gli opposti».

Scongiuri, RAGGI 2014

L’ergonomia nel design può essere sacrificata a favore della forma (astratta)? 

«Direi di si, se si realizza una poltrona da relax l’ergonomia va considerata, ma se si fa un oggetto d’ingresso questo potrà anche essere scomodo. La Chart panca Canton, nata con Poltronova sull’idea di una geometrizzazione, smonta l’ipotesi funzionalista. È un oggetto che racconta altro oltre quello che permette di fare, non sono mai oggetti inutili».  

Qual è il suo “figlio” di design prediletto?

«Il mio prediletto non è stato prodotto, purtroppo nessuno lo ha mai visto. Land era una lampada con un cappello di vetro termoformato, curvo e con una superficie argentata che rifletteva la luce. Il prodotto che mi rappresenta ed è stato realizzato sono invece Velo e Flute, lampade iconiche minimali. Esempio intelligente di design industriale che non cade nel formalismo dello stile e funziona ancora, perché non grida. Dove il design ha osato di più però è con la cartolina parlante realizzata per la Triennale Neomerce di Denis Santachiara, negli anni ’80. Rappresentava l’idea che gli oggetti fossero gadget da performance. Scelsi una cartolina esotica e dentro posizionai un cheap che aprendosi diceva “Ciao mamma qui tutto bene”. Creai il prototipo con la Zanussi. Il design era sparito, restava il messaggio. In fondo chi manda ancora cartoline?». 

Quale suggerimento si sente di dare ai giovani designer contemporanei? 

«Uccidete i padri, ma fatelo con amore».

 

Foto: Courtesy Archivio Franco Raggi

In copertina: FR La Tenda Rossa 1975